Già oggi i governatori delle Regioni sono convocati a Roma per discutere di soldi. Perché le Regioni, che amministrano tra le varie cose la sanità, idrovora dei conti pubblici, non ci stanno ai diktat – tutto pugno sui fianchi e tacchi sbattuti – del premier Matteo Renzi. E vanno all’attacco oltre il Rubicone per rivendicare il diritto a spendere e a far debito.
La questione economico-finanziaria però apre risvolti politici assai curiosi e dalle implicazioni dinamitarde. La tensione Chiamparino-Renzi produce infatti, se mai ci fosse bisogno, una crepa all’interno del Pd. Dimostrando come su certe questioni l’Italia s’ha ancora da fare e che, antropologicamente, Chiamparino somiglia assai di più a Cota che a Renzi.
C’è un Nord da una parte e il resto d’Italia dall’altra, e c’è come giustamente faceva notare Marco Damilano dell’Espresso qualche giorno fa, un partito degli amministratori Pd che di Renzi se ne infischia come DeLuca e Emiliano.
Da quando ci sono le Regioni a occuparsi di certe cose, il debito è aumentato. Ma le considerazioni sbagliate su queste cose meglio lasciarle a chi sa sbagliarle, ovvero agli economisti.
Certo è che pure Salvini ha il suo bello strabismo da gestire. Dovrebbe addirittura allinearsi alle critiche degli amministratori Pd per sfruttare l’opportunità di indebolire Renzi.
Nel frattempo il partito guidato da Renzi si sta riempiendo del meglio di Forza Italia, pure Bondi e consorte. Proprio legioni romane. Tant’è.