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Serve una risposta decisa e unica al terrorismo jihadista

«Conquisteremo  Roma e diventeremo padroni del mondo, con la volontà di Allah»; la copertina della rivista dello Stato Islamico, Dabiq, di ottobre 2014 con la foto della bandiera nera di IS che sventola sull’obelisco di piazza San Pietro è arrivata puntualmente anche a chi scrive sul suo twitter. E ancora  allora il messaggio del 26 gennaio 2015 del portavoce di IS Abu Muhammad al-Adnani, in cui vengono incitati i jihadisti a colpire in Europa e viene dato “appuntamento a Roma con le foto del Colosseo” sono ricorrenti sistematici. E noi non possiamo solo preoccuparci e ascoltare chi ci dice che il livello d’allerta è cresciuto.

Il Giubileo sarà un periodo di grandissima tensione ma non ci piegheremo perché è giunta l’ora di irrobustire la nostra determinazione concreta ad affermare la nostra cultura greca giudaica cristiana. E’ giunta l’ora che nelle scuole, nelle chiese, negli ospedali e nei luoghi della socialità con orgoglio e coraggio si manifestino i nostri simboli cristiani e ci ravvediamo allorché fu firmata la Carta della Costituzione Europea non avemmo il coraggio di affermare la nostra tradizione cristiana. Vero è che nel nostro paese sono sottoposti alla particolare attenzione d’intelligence e Forze di polizia una cinquantina di foreign fighters partiti dal territorio nazionale e comunque a vario titolo collegati con l’Italia.

Sono numeri contenuti rispetto al panorama europeo, dove si stimano alcune migliaia di combattenti. Ma sappiamo bene che tanti sono sfuggiti al controllo e in ogni caso il rischio di reducismo va valutato anche in relazione all’arrivo nel nostro paese di foreign fighters partiti per la Siria da altri paesi europei o nordafricani. E sono tanti. Il livello di guardia è altissimo, si ragiona come se ci si trovasse di fronte a concrete e precise situazioni di rischio. Questo è il modo per garantire il massimo della prevenzione, stando, peraltro, molto attenti a non cadere nella sindrome della paura che costituisce proprio un obiettivo delle organizzazioni terroristiche. Lo Stato Islamico, infatti, punta all’opinione pubblica attraverso un’attenta strategia comunicativa volta a seminare insicurezza, terrore e soggezione psicologica e culturale. Si tratta di professionisti della comunicazione, che operano scelte raffinate, nulla è lasciato al caso. La violenza esibita delle decapitazioni e, più in generale, delle esecuzioni è un pezzo di tutto ciò: ostentare spregio e sicurezza per spargere terrore e colpire.

Noi cittadini dobbiamo collaborare: segnalare coloro che sono potenzialmente sospetti, conoscere le persone e sostenere le forze dell’ordine attraverso il coinvolgimento e la piena collaborazione dell’opinione pubblica. Ciò non significa istituzionalizzare la delazione o vivere in un clima di sospetto, ma la risposta della società civile è un’arma in più nella lotta al terrorismo. Dunque all’attività di prevenzione e contrasto messa in atto da servizi, magistratura e forze dell’ordine devono contribuire anche i singoli cittadini, magari segnalando eventuali situazioni sospette con coraggio e senso di responsabilità. A livello europeo, è fortemente auspicabile l’adozione di provvedimenti che garantiscano la circolazione all’interno dell’UE, ma al contempo rafforzino il controllo sulle frontiere esterne. Tra gli strumenti che possono sicuramente contribuire ad agevolare il controllo di coloro che vogliono raggiungere le zone di guerra e di coloro che tornano da tali aree e possono potenzialmente condurre azioni violente, rientrano l’implementazione del Sistema d’informazione Schengen di seconda generazione (Sis II) e la Direttiva Pnr (Passenger Name Record).

Ma è a livello di accordo tra i 28 paesi che bisogna trovare il coraggio di ammettere che tra i 28 solo due Paesi come la Germania e la Gran Bretagna sono in grado di dettare orientamenti robusti e la cessione di sovranità da parte di tutto noi altri 26 è fondamentale. La Francia colpita ha dichiarato guerra e l’accordo Europeo prevede che gli altri Paesi scendano in campo. Ma è l’assestament con America e Russia che può garantire una azione congiunta e forte contro Isis. E la risposta non può che essere decisa e unica al terrorismo jihadista – necessariamente congiunta agli altri militare e di  prevenzione –  e si pone su un piano politico e dei valori. Deve essere sviluppata un’accorta politica che eviti facili strumentalizzazioni e muova, al contrario, verso una dimensione inclusiva e in grado di alleviare frustrazioni o risolvere problemi di parti della popolazione che possono alimentare scelte estremiste al di là della spinta puramente religiosa. Il tutto affiancato da programmi di deradicalizzazione per insegnare ad apprezzare i valori europei. Forza dunque, uniti è meglio.


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