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Isis, come cambieranno le relazioni tra Usa e Russia

Le rapide evoluzioni geopolitiche seguite ai drammatici fatti di Parigi hanno aperto un dibattito anche sui rapporti fra Stati Uniti e Russia. In una conversazione di Formiche.net con Matthew Rojansky, direttore del Kennan Institute ed esperto di relazioni Usa con i Paesi dell’ex Unione sovietica per il Wilson Center di Washington, ha analizzato le alleanze anti Isis e le posizioni dell’Unione europea anche in relazione all’Ucraina.

Nel suo discorso al Parlamento francese il presidente François Hollande ha affermato di essere in guerra e facendo ricorso all’art. 42 del Trattato sull’Unione europea (TUE) ha richiesto la cooperazione dei Paesi membri dell’unione. Perché non ha fatto riferimento all’art. 5 del trattato Nato?

La riluttanza dei leader europei a invocare l’art. 5 in risposta agli attentati terroristici dell’ultima decade è probabilmente dovuta a una combinazione di fattori. Innanzitutto, dopo gli attentati dell’11/9 l’art. 5 della Nato non è stato mai realmente testato e molti leader potrebbero essere riluttanti a farlo ora. In secondo luogo l’invocazione della difesa collettiva post 11/9 ha determinato, a tutti gli effetti, una guerra decennale e l’occupazione dell’Afghanistan, diventati estremamente impopolari tra le popolazioni di molti stati dell’Alleanza. Non è quindi una sorpresa se i leader non vogliono rispolverare lo stesso sapore politico dell’Afghanistan in Siria. Infine, l’attentato terroristico di Parigi, piuttosto che un atto iniziale di guerra appare come la continuazione di una guerra dell’Isis verso le azioni della coalizione internazionale in Iraq e Siria.

Quindi la Nato si fa da parte?

Dal momento che c’è già una coalizione in campo che bombarda l’Isis, è da presumere che un’azione della Nato non sarebbe necessaria. In questo momento l’Alleanza è preoccupata più dall’esaurirsi delle sue operazioni in Afghanistan e dello sviluppo di una forma credibile di deterrenza rispetto alla minaccia della Russia a est. Questo lascia davvero poco spazio per discutere di un potenziale ruolo della Nato in Siria e Iraq. Ad ogni modo la Nato è un’alleanza di tipo politico e militare che risponde al volere dei suoi membri. Di conseguenza, se questi dovessero optare per un’azione diretta della Nato contro l’Isis, l’Alleanza si farebbe certamente carico della sfida supportando l’azione.

Obama e Putin seduti di nuovo allo stesso tavolo. C’è qualcosa che gli Stati Uniti dovranno cedere per avere un supporto da parte della Russia alla lotta contro l’Isis?

Un potenziale “accordo” per un coordinamento dell’impegno Usa e russo in Siria necessariamente prevede, in riferimento all’isolamento e alle sanzioni alla Russia, alcune concessioni da parte degli Stati Uniti. Ma pare poco probabile dato che Washington percepisce il coinvolgimento di Putin in Siria come un supporto al regime di Assad e quindi di scarso supporto per combattere l’Isis. Inoltre non c’è molta volontà da parte degli Stati Uniti ad alleggerire le sanzioni imposte alla Russia. Quest’ultima è vista ancora come una questione di significativa importanza per l’ordine mondiale, mentre i problemi Isis/terrorismo/rifugiati sono interpretati come una continuazione di decadi di instabilità nel Medio Oriente e una minaccia dell’estremismo islamico. In altre parole, per ora sembra che Washington preferisca fare una politica estera a compartimenti, anche quando altri attori, come i russi, vedono le varie questioni come interconnesse. Bisogna ricordare che da una prospettiva Usa tutti questi problemi sono relativamente lontani e quindi più che prefigurare un quadro di sfide interrelate alla sicurezza dell’Europa – che richiederebbero delicati compomessi per essere affrontate simultaneamente – molti americani semplicemente vedono una lunga lista di cattivi attori nel mondo che devono essere sconfitti uno per uno, anche se questo dovesse significare il deterioramento per lungo tempo di alcuni problemi.

L’attuale situazione richiede all’Ue di ripensare il suo approccio alla Russia?

La versione russa del racconto è sempre stata che l’Europa è una forza che ha perso il suo cammino politicamente, moralmente e anche economicamente e in termini di sicurezza. La leadership russa ama contrapporre la propria forza ed efficacia rispetto a un’Europa in declino. L’attuale crisi nel Vecchio continente tende solo a rafforzare le percezioni russe. Eppure, l’approccio occidentale verso la Russia – attraverso sanzioni e isolamento – ha trasmesso un forte messaggio morale sul comportamento della Russia in Ucraina. Ma non ha influito in modo significativo sul comportamento della Russia stessa. Anzi, come noto, ha sostenuto la popolarità di Putin e il suo racconto interno per cui i nemici occidentali sono responsabili di tutti i problemi economici del Paese. Invece di dimenticare l’Ucraina, la Russia, agendo su questioni legate a Paesi terzi come la Siria o l’Iraq, vuole ricordare all’occidente che non può essere completamente ignorata o isolata. Un impegno dell’Ue con la Russia, senza significativi progressi in ​​Ucraina, sarebbe visto sicuramente come una vittoria russa. Tuttavia è probabile che se la situazione in Ucraina si stabilizzasse, nei prossimi due/tre anni ci sarà spazio per alleggerire gradualmente il reciproco isolamento Russia-occidente, in modo tale da consentire a tutte le parti di “salvarsi la faccia” e, allo stesso tempo, assicurare all’Ucraina un ritorno a una certa stabilità e prosperità.

Ieri lei è tornato da un viaggio nel Regno Unito. Quale aria si respira nel Paese? Cosa è pronto a fare Cameron?

Ho visto una grande simpatia nei confronti della Francia, con genuine offerte di aiuto. La politica si è focalizzata sulla costruzione di capacità dei corpi di polizia e delle forze speciali, mentre il clima politico si scaglia contro gli immigrati. Considerato che la popolazione di immigrati nel Regno Unito è molto ampia e diversificata, questo sarà un problema difficile per un Paese con una forte tradizione di diritti civili, dello stato di diritto e con la presenza di una forza di polizia in gran parte non militarizzata.

La minaccia dell’Isis ha attirato gran parte dell’attenzione, ma cosa sta succedendo tra Russia e Ucraina? La presenza di un nemico comune potrebbe alleggerire l’approccio di Putin verso il Paese?

Fino ad ora le questioni sono rimaste chiaramente separate. È stato più semplice per tutti mantenere in disparte la questione dell’Ucraina dal momento che i combattimenti a est si sono relativamente indeboliti negli ultimi mesi. Ma siccome la violenza a Donbas ora sembra essere in ripresa, ci potrebbe essere pressione su entrambi i lati per fare passi più drammaticamente negativi – ulteriori sanzioni da ovest, la richiesta di alcuni di armare l’Ucraina e magari un maggiore intervento della Russia a sostegno dei separatisti. Ma ci sarebbe anche un altro approccio: una forte spinta diplomatica delle parti per dare attuazione all’accordo di Minsk entro l’inizio del 2016, proprio al fine di permettere una cooperazione per i fatti della Siria e dell’Isis. Invece di occuparsi separatamente di altre faccende, accettando la presenza di un quasi permanente “conflitto congelato” nella regione, le parti potrebbero utilizzare l’incentivo di un nemico comune presente in Medio Oriente per risolvere i differenti approcci sull’Ucraina; e l’accordo di Minsk è chiaramente la migliore e unica occasione per farlo. Non abbiamo più tempo per trascinare la questione.

Recentemente l’Occidente ha accusato la Russia di indirizzare verso i ribelli i suoi bombardamenti in Siria in modo da eliminare l’opposizione al presidente Bashar al Assad. Ora Russia e Usa parlano per affrontare la minaccia Isis. Questo cambia l’approccio della Russia verso la Siria?

Purtroppo le discussioni tra i russi e gli americani non hanno ancora prodotto un accordo che modifica le azioni a terra. La Russia opera ancora come una sorta di forza aerea per il governo di Assad e gli Stati Uniti conducono una coalizione internazionale focalizzata esclusivamente a sconfiggere l’Isis e al Nusra. Gli obiettivi strategici non sono quindi allineati. Alcuni colleghi russi mi hanno suggerito che è inutile attaccare solo l’Isis quando in molti casi i ribelli supportati dagli Stati Uniti sono in una alleanza di fatto con l’Isis, contro Assad. Hanno invece proposto di sponsorizzare un macro-riallineamento delle forze in Siria – ci potrebbe essere una tregua tra Assad e l’opposizione moderata sostenuta dagli Usa. Nel frattempo, entrambe le parti potrebbero supportare la creazione di una zona di sicurezza per i rifugiati. Ma a oggi questo non è possibile perché le parti sono bloccate circa il futuro di Assad.

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