Ad Auschwitz il muratore italiano faceva i muri dritti e solidi. Per una questione di dignità professionale, talmente connaturata da resistere anche alla barbarie nazista. Lo ricorda, nell’intervista concessa a Philip Roth, Primo Levi: “ad Auschwitz ho notato spesso un fenomeno curioso: il bisogno del “lavoro ben fatto” è talmente radicato da spingere a far bene anche il lavoro imposto, schiavistico. Il muratore italiano che mi ha salvato la vita, portandomi cibo di nascosto per sei mesi, detestava i tedeschi, il loro cibo, la loro lingua, la loro guerra; ma quando lo mettevano a tirar su muri, li faceva dritti e solidi, non per obbedienza ma per dignità professionale” (“L’uomo salvato dal suo mestiere” in www.minerva.unito.it). che ne è oggi della dignità professionale? qualche notazione personale nella prossima rubrica di themis su formiche.
Ad Auschwitz il muratore italiano faceva muri dritti e solidi
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