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Anche quest’anno nella notte di Capodanno la solita “epidemia” farà ammalare gli statali?

Le festività importanti, chissà perché, da noi portano con sé delle strane “epidemie ad orologeria” che fanno “ammalare” alcune categorie di  dipendenti, soprattutto quelli del pubblico impiego. Ma il punto vero è che per combattere queste “epidemie”, la cura sembra ancora lontana e permane il rischio concreto che anche quest’anno, a ridosso di Capodanno potemmo ritrovarci con una massa di “ammalati” senza poter fare nulla.

Cosa accadrà, infatti, se anche quest’anno i Vigili Urbani di Roma a ridosso della notte Capodanno si ammaleranno in massa, oppure convocheranno un assemblea sindacale, o meglio, decideranno proprio a ridosso della fatidica mezzanotte di donare il sangue? Niente. Così com’è accaduto lo scorso anno in cui 767 vigili su 1000 della Capitale si sono resi irreperibili per malattia o permesso proprio la notte di Capodanno anche quest’anno potremmo rivedere lo stesso film. Eventualità tutt’altro che remota. Viste le regole attuali e i provvedimenti forti ancora latitanti, c’è il rischio reale del ripetersi di quanto accaduto a Roma a fine 2014, ma il problema è ovviamente generale, esteso a tutto il pubblico impiego. Ricordiamo che, passata la “bufera” dei 767 vigili urbani renitenti, alla fine furono deferiti solo in 6 per malattia dubbia dalla commissione disciplinare!  Nonostante questi fatti eclatanti nulla è stato ancora fatto per riformare le regole e i furbi continuano indisturbati a fare i furbi.

Sulla riforma del pubblico impiego è ora di fare sul serio. Renzi affermò all’indomani dello “scandalo” dei Vigili di Roma che nel 2015 avrebbe cambiato le regole del pubblico impiego proprio per evitare che tutto ciò potesse riaccadere. Come sappiamo, la riforma non c’è ancora e se né riparlerà nel 2016. In questa situazione, quindi, è lecito pensare che i furbi del pubblico impiego possano di nuovo “ammalarsi” la notte di Capodanno, a Roma come in qualsiasi altra città d’Italia.  Con qualche sindacato, come successo a inizio 2015, che avrà pure la faccia tosta di giustificarli.

A tutto ciò va aggiunto il problema di mancanza di risorse per l’effettuazione delle ispezioni e delle visite fiscali a causa di uno stallo normativo relativo alla norma che avrebbe dovuto sancire il passaggio delle competenze per le attività di controllo e ispezione nel pubblico impiego, dalle Asl all’Inps. Infatti, nella legge delega di riforma della Pubblica Amministrazione, (l. 124/2015, all’art. 17, comma 1, lett. l),  è contenuto un articolo che   prevede “la riorganizzazione delle funzioni in materia di accertamento medico-legale sulle assenze dal servizio per malattia dei dipendenti pubblici, al fine di garantire l’effettività del controllo, con attribuzione all’Istituto nazionale della previdenza sociale della relativa competenza e delle risorse attualmente impiegate dalle amministrazioni pubbliche per l’effettuazione degli accertamenti”, ma ad oggi nulla si è concretizzato.

Regole private anche per il pubblico impiego – Lo Stato è la più importante fonte di occupazione del Paese. I suoi dipendenti sono 3,4 milioni (calcolando solo quelli con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato e tralasciando le centinaia di migliaia di collaborazioni) e il costo per il personale è di 163 miliardi l’anno, così come stimato dalla Ragioneria di Stato. La più importante azienda italiana. E’ arrivato il momento di pensare all’organizzazione del lavoro nel pubblico impiego come a quella di una qualsiasi grande azienda privata. Nulla più giustifica una differenza di trattamento se non l’ingiustificata richiesta di un privilegio del pubblico impiego rispetto al lavoro nel settore privato. Anche alla Pubblica Amministrazione è giunto il tempo di applicare i principi organizzativi che governano tutte le attività d’impresa, compresa l’equiparazione delle norme sul licenziamento.

Bisogna pensare alla Pubblica Amministrazione come ad un “Gruppo” all’interno del quale fare efficienza organizzativa, utilizzare competenze trasversali, demansionare se è il caso, o poter licenziare esattamente applicando con le stesse regole del settore privato. Ad esempio: demansionare in caso di modifica degli assetti organizzativi aziendali oppure licenziare in caso di reiterate assenze ingiustificate (come spesso previsto nei CCNL), tutto questo  non è un “delitto”. Certo che se pensiamo di essere ancora nel 1960 e che la Pubblica Amministrazione abbia ancora altre funzioni – non scritte – oltre a quelle che dovrebbe svolgere, allora non andremo lontano.

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