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Banca Marche e Banca Etruria. Ecco ritardi, silenzi e magagne

Ci sono davvero pochi vincitori e molti vinti nel “salvataggio” di Banca Marche, Banca Etruria, Cassa di Ferrara e Cassa di Chieti.

Il trionfalismo dei giorni successivi all’operazione sistemica che ha condotto a spacchettare le 4 banche, dalle cui ceneri sono sorti altrettanti nuovi istituti senza la zavorra dei crediti super incagliati che sono finiti in una sorta di bad bank, strideva con la realtà.

Infatti a pagare per il “salvataggio” sono stati azionisti e obbligazionisti subordinati. Beninteso, governo e Bankitalia sono intervenuti per salvare il salvabile dopo gestioni scellerate delle banche che hanno messo a repentaglio investimenti e risparmi di cittadini e imprese. E magari per evitare panico e corsa agli sportelli per ritirare depositi e chiudere conti.

Il provvedimento dell’esecutivo, in simbiosi con banchieri e Bankitalia, è stato il risultato anche dei niet della Commissione europea agli interventi nel capitale delle 4 banche che stava studiando da tempo il Fondo interbancario di tutela dei depositi (Fitd), con risorse del sistema bancario. Ma Bruxelles – per vie informali – ha insistito giudicando un aiuto di Stato l’operazione che era stata architettata anche con il Tesoro, perché avveniva sotto l’egida della Banca d’Italia, in sostanza. Eppure ora è lo stesso Istituto centrale di Palazzo Koch ad essere il dominus dell’operazione, tanto da aver nominato anche il banchiere (Roberto Nicastro, nella foto) che seguirà le operazioni di salvataggio. Misteri di Bruxelles.

Ma i misteri non finiscono qui. Sono ad esempio ben poco comprensibili gli strepitii di Federcasse presieduta da Alessandro Azzi: i vertici della federazione delle Bcc si lamentano perché il fondo di risoluzione gestito dalla Banca d’Italia prevede che siano anche le banche di credito cooperativo ad alimentare lo stesso fondo. Una lamentela – si fa notare in ambienti di Bankitalia – piuttosto sorprendente visto che in futuro, se necessario, in caso di crisi di alcune Bcc, il fondo si occuperà anche di questi casi delle Banche di credito cooperativo, che altrimenti, al momento, non rientrano nei rischi di sistema.

I misteri vanno a braccetto anche con un certo strabismo.

Su Formiche.net, ben prima che i banchieri si destassero a denunciare pubblicamente i diktat di Bruxelles su inesistenti aiuti di Stato che si celavano dietro gli interventi in cantiere del Fondo interbancario Fitd, è stata rimarcata la teutonica follia della Commissione Ue, piuttosto orba quando in Germania si continuava e si continua a salvare le banche anche con soldi statali. Evidentemente hanno buon gioco ora coloro che in Italia sollecitavano – quando Bruxelles chiudeva un occhio – di varare una bad bank sistemica sulla scia di quella spagnola.

Non è finita. Oltre a misteri e strabismi, c’è stata anche della fuffa. Il Fitd, da settimane, anzi da mesi, andava preannunciando, annunziando, comunicando o insufflando ai media, pronte (anzi prontissime) operazioni di interventi di salvataggio e di ricapitalizzazione delle banche commissariate. Fuffa, appunto – con in più di sicuro report e studi commissionati a destra e a manca – visto che Formiche.net da tempo sosteneva che i Signori di Bruxelles sbuffavano.

Eppure gli (ottusi) sbuffi non venivano uditi al Tesoro. Oppure, il ruolo del ministero dell’Economia e delle Finanze non è stato particolarmente incisivo. O c’è stato uno scarso potere negoziale del Tesoro a Bruxelles su queste materie (mentre altri Tesori non fanno troppo tesoro dei “consigli” di Bruxelles)? Sta di fatto che non è stata una buona politica quella di arrivare a un passo dal precipizio prima di intervenire.

Ma il campione dei ritardi è stato il legislatore. Perché se fosse stata approvata già alla fine dello scorso anno la direttiva europea sulle risoluzioni bancarie (Brrd), la procedura seguita dal governo ora sarebbe stata a disposizione da mesi. Invece con 11 mesi e passa di ritardo il Parlamento si è ricordato di adottarla e l’esecutivo l’ha subito utilizzata per evitare di subire il diktat di Bruxelles che obbligava di fatto l’Italia a ricorrere alla procedura del Bail In, che sarà in vigore dal prossimo gennaio, e che prevede che pure i correntisti con oltre 100mila euro possano essere azzoppati come gli azionisti e gli obbligazionisti ordinari.

Ora, comunque, tutto o quasi è nelle mani degli uomini della Banca d’Italia. Eppure – si bisbiglia in ambienti finanziari – alcuni degli stessi alti funzionari di Palazzo Koch che non avevano vigilato in passato come si doveva nelle quattro banche poi commissariate ora si occuperanno delle quattro bad bank nate sulle ceneri di Banca Etruria, Banca Marche. Cassa di Ferrara e Cassa di Chieti.

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