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Bcc, ecco perché Renzi e Federcasse bisticciano sulla riforma

Tensioni sotto traccia fra governo e Bcc, nonostante l’aria formale di collaborazione istituzionale tra l’esecutivo e Federcasse. Il riassetto delle banche cooperative, che dovrebbero finire sotto il cappello di una capogruppo unica, non è ancora arrivato in dirittura d’arrivo a Palazzo Chigi per il prossimo consiglio dei ministri. Fonti di Palazzo Chigi consultate da Formiche.net dicono che se ne parlerà a dopo le feste. Non solo le 4 banche in risoluzione agitano i palazzi della politica e della finanza. Anche il capitolo Bcc è al vaglio dell’esecutivo e all’attenzione del mondo creditizio.

IL MODELLO RENZI (IN SALSA FRANCESE)

Il nodo principale consiste proprio nel modello evocato di recente dal presidente del Consiglio, Matteo Renzi. Più volte il premier, anche negli ultimi giorni, ha detto di voler plasmare la riforma sul modello del Credit Agricòle francese, sistema simile ma non uguale a quello cooperativo. In Francia, infatti, le filiali del Credit Agricòle non hanno autonomia propria e rispondono esclusivamente alle loro sorelle maggiori titolari di licenza, le casse regionali, che poi a loro volta fanno riferimento alla capogruppo. Uno scenario che Federcasse, presieduta da Alessandro Azzi, teme non poco e che agli occhi dell’associazione snaturerebbe il dna delle banche. “Così le banche diventerebbero dei circoli di soci più che degli istituti”, dice una fonte del mondo cooperativo. “E che ci azzecca il modello Crèdit visto che sono casse di risparmio e noi siamo banche di credito cooperativo?”, dice un banchiere che chiede l’anonimato.

IL NODO DELLA LICENZA BANCARIA 

La questione è stata sollevata in maniera soffusa dal direttore di Federcasse (l’associazione di categoria del credito cooperativo), Sergio Gatti, in un’intervista al Corriere della Sera. Tutto ruota intorno alla cosiddetta licenza bancaria, l’autorizzazione concessa dalla Banca d’Italia a un istituto affinché possa esercitare l’attività bancaria, ovvero raccogliere e prestare denaro. Le banche cooperative temono che la riforma allo studio del governo (sulla base delle indicazioni contenute nel testo elaborato dalla Federcasse a luglio e consegnato all’esecutivo) possa in qualche modo privare ogni Bcc della propria licenza bancaria, costituendone una sola, ex novo, presso la capogruppo. In pratica, se così fosse, ogni singolo istituto perderebbe di colpo la possibilità di esercitare l’attività bancaria. Per ovviare in parte a questa prospettiva c’è chi, in ambienti istituzionali, ipotizza la possibilità che possano costituirsi 4 sub holding territoriali. Ma tutto è ancora da decidere su questi ultimi dettagli.

L’ESEMPIO CRITICATO DEL CREDIT AGRICOLE

“La creazione di un solo gruppo è la nostra scelta da sempre. Condividiamo quanto hanno detto sotto questo profilo il Presidente Renzi, da due settimane, e il Governatore Visco nell’intervista a Repubblica“, si dice ai vertici di Federcasse. Ma è l’esempio di Crédit Agricole indicato da Renzi a preoccupare larga parte di Federcasse: “Sotto il profilo tecnico-realizzativo – argomenta una fonte di vertice del mondo cooperativo – l’esempio del Crédit Agricole ci sembra improprio. Perché tutte le nostre BCC resteranno banche cooperative mutualistiche, dotate ciascuna di licenza bancaria, con un proprio cda eletto dai soci e sottoscriveranno un contratto di coesione con la capogruppo che prevederà un’autonomia della singola BCC correlata al proprio grado di rischiosità. E’ un approccio innovativo, originale, tipicamente italiano, condiviso dal punto vista tecnico da Banca d’Italia e dal MEF”. Per il Crédit Agricole non è così, secondo Federcasse: “Le singole banche locali non esistono più da decenni, hanno perso la licenza bancaria e sono divenute solo filiali di 39 Casse Regionali. Dunque, sì al Credit Agricole come esempio di rilevanza e di capacità competitiva. No al modello Crédit Agricole come assetto organizzativo. Peraltro in forte trasformazione in questi mesi”.

I RUMORS TRA TESORO, GOVERNO E BANKITALIA

Di qui è facile intuire il perché dello slittamento della riforma. Manca ancora qualche tessera per completare il mosaico. E poi, secondo altre fonti, al ministero dell’Economia retto da Piercarlo Padoan vorrebbero andarci coi piedi di piombo, frenando l’impeto di Palazzo Chigi, per non correre il rischio di fare una cattiva riforma, che possa alla fine essere più dannosa che altro. Anche perché si fanno ancora sentire le critiche di Federcasse al Fondo di risoluzione avviato per le 4 banche dissestate visto che anche le Bcc hanno partecipato alla costituzione del Fondo. Da qui le critiche di Azzi non particolarmente apprezzate, anzi, sia al Tesoro che in Bankitalia visto che l’ombrello del Fondo in futuro potrebbe essere aperto anche per le Bcc che sono ora commissariate. E nel frattempo parecchie Bcc hanno avviato la procedura per trasformarmi in Popolari, per la soddisfazione dell’associazione presieduta da Corrado Sforza Fogliani.



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