In Cina la vasta campagna per rendere più “sano” il Partito Comunista avviata dal presidente Xi Jinping, che ha visto diverse figure di spicco del mondo aziendale e politico finire sotto inchiesta, colpisce anche China Telecom e il suo presidente Chang Xiaobing. Dichiarato “irreperibile” dai media cinesi la scorsa domenica, Chang è stato poi arrestato dall’Agenzia anticorruzione cinese perché sospettato di “aver violato diverse norme disciplinari” – un eufemismo che l’agenzia usa per indicare le accuse di corruzione. La notizia è stata pubblicata sul sito della Commissione centrale per l’ispezione disciplinare, l’organo anticorruzione del Partito comunista.
TELCO CINESI NEL MIRINO
Chang, 58 anni, è stato presidente di China Unicom, secondo operatore mobile cinese, prima di assumere la carica di numero uno di China Telecom ad agosto. La commissione anticorruzione non ha fornito dettagli, ma ha citato nella sua breve nota la posizione precedentemente ricoperta da Chang in China Unicom.
China Telecom è un’azienda di telecomunicazioni di proprietà statale, primo operatore di rete fissa e terzo di rete mobile in Cina. Ad aprile l’autorità anticorruzione aveva già aperto un’inchiesta sull’ex presidente e chief engineer di China Telecom, Leng Rongquan, top manager e membro del Partito Comunista da 20 anni, andato in pensione nel 2010. Le accuse erano simili a quelle rivolte oggi a Chang, “sospetto di gravi violazioni della legge”.
UN PARTITO “PIU’ SANO”
I corrispondenti dei media occidentali in Cina dicono che la crociata di Pechino sta usando casi di alto profilo per dimostrare che il governo vuole agire con severità contro la corruzione. Alcuni analisti notano anche che la caduta di alcuni alti dirigenti, spesso di società pubbliche e legati al Partito Comunista, si deve a conflitti politici interni e alla volontà dei quadri attuali di pressare alcune delle figure più influenti perché non escano dai ranghi severamente tracciati dal Partito.
“Quello che la campagna anticorruzione ha ottenuto è incoraggiante e dimostra la risoluzione con cui le autorità centrali vogliono sradicare la corruzione dal Partito Comunista”, si legge su China Daily. Più si trovano “elementi corrotti” e beni accumulati illecitamente, “più l’impresa appare ardua”, ma comunque “l’eliminazione degli elementi corrotti è solo il mezzo, non il fine”, perché chi sta agendo per eliminare la corruzione intende anche “chiudere le falle nel sistema, rafforzare la supervisione e costruire un Partito più pulito”. La campagna anticorruzione non terminerà finché ci saranno funzionari che abusano del loro potere.
MISTERIOSE MORTI E “SCOMPARSE”
Nei controlli intensificati degli ultimi due anni, le Autorità di controllo cinesi si sono concentrate sui grandi gruppi pubblici, colpiti dalla corruzione e refrattari ai tentativi di riforma. Non è raro, come accaduto per Chang di China Telecom, che si verifichi un caso di “scomparsa” di dirigenti o manager pubblici seguito dalla comunicazione di un’inchiesta della polizia, della Autorità di regolazione o dall’Autorità anticorruzione del Partito. Lo stesso era stato per Guo Guangchang, presidente di uno dei maggiori gruppi privati cinesi, Fosun International, dichiarato dai media “irreperibile” a inizio dicembre, finché l’azienda non ha rivelato che il top manager si trovava presso le autorità come collaboratore in un’indagine di polizia. Guo è riapparso poi a un evento pubblico.
Secondo il Wall Street Journal, le inchieste hanno introdotto un elemento di incertezza negli alti quadri delle società cinesi gestite dallo Stato, i cui top manager sono di solito funzionari del Partito Comunista che Pechino ruota da una società pubblica all’altra. Gli scontenti sono molti e si è addirittura aperto un caso nel caso: Zhang Jianwei, uno dei massimi funzionari cinesi che si occupava del risanamento dei quadri dirigenti alla China National Offshore Oil Corp., è stato trovato morto a inizio dicembre, per cause ancora tutte da chiarire.
I MANAGER INDAGATI
Diverse le figure di spicco, da top manager di aziende e banche a funzionari del Partito che hanno ricoperto cariche nelle società di Stato, finite coinvolte nella campagna anticorruzione di Xi Jinping. Tra i top executive sotto inchiesta ci sono Jiang Jiemin, ex presidente del colosso dell’energia Cnpc (China National Petroleum Corporation), condannato a ottobre a 16 anni di carcere per corruzione; Xu Jianyi, ex presidente del produttore d’auto China Faw, arrestato per corruzione ed espulso dal Partito Comunista ad agosto; Shen Hao, ex presidente del gruppo di informazione finanziaria 21st Century, condannato a quattro anni di carcere per estorsione e ricatto; Cheng Boming, presidente della maggiore società di brokerage cinese, la Citic Securities, finito sotto inchiesta a settembre per sospetto insider trading.
Solo nel 2014 la campagna di Pechino contro la corruzione ha portato a indagare oltre 70 dirigenti senior di società pubbliche. A novembre, c’è stato un ulteriore giro di vite e sono stati toccati anche gli alti funzionari delle maggiori città cinesi, Pechino e Shanghai, fermati per sospette tangenti.