Meglio sottomettersi ai populisti di estrema destra che all’Islam. Il voto consegnato a Marine Le Pen domenica, oltre ad essere il segno di profonde ferite nella società francese, inferte dalla destra e dalla sinistra (la disgregazione sociale, culturale ed economica che ha aumentato le disparità sociali – e molti analisti lo hanno approfondito, ripercorrendo l’ascesa del Front National, FN) è soprattutto un voto che ha molto a che vedere con la minaccia del fondamentalismo islamico, in casa e oltre le frontiere. Un aspetto che qui ci interessa analizzare.
È chiaro che l’Europa diventa sempre più favorevole ai movimenti populisti di estrema destra. Mai, però, questa avanzata è stata tanto evidente come con l’ultimo trionfo alle regionali francese del FN.
Tuttavia, sbaglia – e dimostra di non avere seguito l’ascesa di questi movimenti, presenti con varie sfumature e storie anche in altri Paesi europei – chi analizza il voto per Le Pen o per i partiti di estrema destra, solo come un voto di protesta.
Come ha ben scritto Stefani Montefiori sul Corriere della Sera: “il costante progresso elettorale del FN non è solo sintomo francese del populismo becero che affligge tutte le democrazie occidentali. Chi vota Le Pen, sua nipote Marion e gli altri candidati frontisti lo fa per adesione a una visione del mondo che è ormai centrale nel discorso pubblico francese. Una visione che si nutre dei contributi di intellettuali e polemisti non certo ai margini ma anzi oggi tra i più seguiti, da Alain Finkielkraut a Michel Onfray (talvolta loro malgrado). Il Front National è difesa dell’identità nazionale, rifiuto dell’universalismo, lotta epocale e di civiltà, magari non contro i singoli musulmani ma di sicuro contro l’Islam”.
Ecco, l’Islam. La forza del discorso dell’estrema destra di oggi, che sia francese, italiana o olandese, non può fare a meno dell’Islam. I nemici, immaginari o reali che siano (l’Islam, gli immigrati di fede musulmana), diventano il potente feticcio, l’eccezionale strumento di propaganda che hanno saputo maneggiare molto bene i movimenti di estrema destra negli ultimi anni. L’Islam diventa anche l’immigrazione da controllare e occasione per la riscoperta dei propri valori e pure dei propri confini. Tanto più che il nemico immaginario si è prestato benissimo a questa operazione, per mille motivi interconnessi che oggi lo portano, drammaticamente e tristemente, a vivere in uno stato di impotenza. Accerchiato internamente ed esternamente, in un conflitto epocale che non potrà non segnare una svolta nella sua storia, l’Islam si trova ora schiacciato dalla barbarie del radicalismo e dall’indisponibilità a una rilettura critica e riformista dei suoi testi sacri.
Lo diceva molto bene una importante voce che purtroppo abbiamo perso nel 2010, l’islamologo di origine algerina Mohammed Arkoun, intervistato dalla TV francese “Arte” sul radicalismo islamico e l’avanzata dei movimenti di estrema destra, con un’attualità sorprendente: “Quello che stiamo vivendo è uno scontro di inciviltà. La verità è che la teologia è scomparsa dal pensiero islamico dal tredicesimo secolo: è questa la vera tragedia. I musulmani di oggi si dicono musulmani ma a che Islam si riferiscono e cosa conoscono dell’Islam? Questa è la vera domanda da farsi. L’Islam che conosciamo oggi è un Islam che si è dissolto e disintegrato da almeno cinque secoli, e il problema serio è che i musulmani continuano a non avere accesso alla critica teologica del Corano e alla sua esegesi. Quello che davvero servirebbe non è il vittimismo (sull’ascesa dei movimenti di estrema destra), ma una rilettura radicale dei testi musulmani con gli strumenti della conoscenza scientifica di cui disponiamo.”
Ecco perché la vittoria di un movimento radicale e di rottura come il Front National, in un Paese laico con una comunità musulmana imponente come la Francia, chiama in causa anche l’Islam.
La radicalizzazione delle nuove generazioni di musulmani richiede ancora più forte la necessità di compiere il passo di riformismo che, ormai, molte voci di intellettuali musulmani in Europa gridano pur senza essere ascoltati.
È ormai lontana la genuinità del’Islam tradizionale dei nonni, o dei genitori emigrati in Europa, che nella semplicità traducevano alle generazioni i dogmi universali del bene e del male, condivisi anche dalle altre religioni monoteiste, con l’aggiunta del Ramadan e delle cinque preghiere del giorno. Quell’Islam è stato spazzato via da una seconda generazione di musulmani destabilizzata dalle sfide che tutti i giovani condividono ma a cui si aggiunge l’enorme conflitto identitario, causato dal non riconoscersi nei padri e dal non venire riconosciuto dalla società integrante. Un cocktail micidiale che porta molti giovani a cercare una via per una costruzione ex novo della propria identità.
Grazie allo spazio democratico, alle traduzioni dei testi religiosi di lingua araba in lingue europee e ad una esegesi selvaggia che si è inserita nella cornice democratica e plurale, si è formata la nuova identità radicale, dove la critica sui testi islamici è ferma al XV secolo, proprio come affermava Arkoun. Per questo motivo la radicalizzazione dei giovani contrasta con l’Islam tradizionale dei genitori.
In questo orizzonte, si inseriscono i movimenti di estrema destra, come il Front National, che contribuiscono ad accendere più uno scontro di inciviltà che di civiltà, ma non per questo sono meno utili ad aprire una seconda fase di confronto.
Non ci dovrà sorprendere, dunque, che in futuro lo scontro possa divenire sempre più acceso e urlato. Tuttavia, il fatto che lo scontro e la discussione si siano aperti deve indurci a sperare in un futuro positivo. Le voci iniziano ad sentirsi, le domane si fanno più insidiose, le coscienze cominciano ad essere chiamate per dare risposte.
Chissà che, con la spina nel fianco dell’estrema destra di potere, l’Islam non si rialzi dal letargo e dia forma a quel riformismo e quell’umanesimo che attende ormai da troppo tempo di essere inaugurato. Certo è che tutto dipenderà dalle menti migliori dei riformisti musulmani, ma molto anche da noi e dalla nostra volontà di dare spazio e contribuire in modo proficuo e leale a questo passaggio storico che bussa alla porta dell’islam, ma insieme anche alla nostra Europa, ormai casa di milioni di musulmani.