Alla scadenza tanto attesa manca ancora un paio di mesi: il 26 febbraio gli iraniani andranno alle urne per scegliere il Majlis, il nuovo Parlamento. Ma nella stessa occasione si terranno elezioni (forse) più importanti, quelle per selezionare gli 86 membri dell’Assemblea degli Esperti, un organo a cui spetta il compito di nominare la Guida Suprema. Tutte le candidature, la cui registrazione si è aperta il 17 dicembre e si è conclusa sei giorni dopo, dovranno passare il vaglio del Consiglio dei Guardiani della Rivoluzione (l’Iran ha un sistema di potere piuttosto complicato). Per la prima volta si discute pubblicamente il futuro della Guida Suprema, che probabilmente sarà legato al voto di febbraio. Ali Vaez, iranologo del think tank International Crisis Group, spiega il perché: “Le elezioni per la prossima Assemblea degli Esperti saranno tra le più importanti nella storia della Repubblica. Il Grande Ayatollah Khamenei, infatti, ha 76 anni ed è malato (ha subito un intervento per un cancro alla prostata, ndr). I componenti dell’Assemblea verranno eletti per otto anni. C’è quindi una probabilità molto alta che a loro toccherà scegliere la prossima Guida Suprema. Ci si chiede allora, considerata la centralità della Guida nel sistema politico iraniano, se la futura assemblea sarà in grado di rimodellare il corso della repubblica islamica”.
Nel caso in cui emergesse una maggioranza moderata o riformista, gli equilibri di potere verrebbero modificati, e i conservatori messi nell’angolo. In questo senso, sarà decisivo l’intervento del Consiglio dei Guardiani, che selezionerà i candidati. Prosegue Vaez: “Il Consiglio avrà diverse settimane di tempo per valutare le candidature e per considerare eventuali appelli. In questo momento la bilancia del potere pende dalla parte dei conservatori. Allo stato attuale è difficile immaginare che il successore della Guida Suprema possa emergere dai ranghi dei moderati e dei riformisti, che esercitano un potere nettamente inferiore”.
Ha fatto rumore, in questi giorni, la notizia della candidatura per l’Assemblea di Hassan Khomeini, nipote del Grande Ayatollah, fondatore della repubblica islamica. Hassan è considerato un moderato, secondo gli standard iraniani. L’analista dell’ICG sottolinea come “in queste elezioni l’immagine conta molto. Il nome di Khomeini è intrecciato con la rivoluzione islamica da cui è nata la repubblica. Se il nipote del fondatore prenderà pochi voti, l’intera famiglia potrebbe essere discreditata. Se, al contrario, otterrà un successo elettorale notevole, potrà aumentare il peso politico della sua fazione”.
La Guida Suprema resta il centro del potere in Iran, ma la discussione sugli assetti istituzionali non è più un tabù. Recentemente l’ex presidente Rafsanjani, autorità rispettata, membro della stessa Assemblea degli Esperti, ha suggerito che un consiglio di leader sarebbe una soluzione preferibile al sistema attuale, in cui un solo ayatollah è in carica per tutta la vita. Vaez sostiene che, al momento, “quella guidata da Rafsanjani è una minoranza, il cui obiettivo è rafforzare le istituzioni repubblicane, riformandole. Una leadership collettiva sicuramente indebolirebbe la carica. Ed è molto probabile che il Consiglio dei Guardiani risulti molto determinato a non consentire alla minoranza che sostiene Rafsanjani di guadagnare ulteriore spazio”.
La battaglia politica iraniana si gioca su uno sfondo che è destinato a cambiare in tempi brevi, quando l’accordo sul nucleare con la comunità internazionale sarà definitivamente implementato e le sanzioni verranno tolte. Secondo il Fondo Monetario Internazionale, il prossimo anno Teheran crescerà del 6-7 per cento, anche se molte aziende resteranno riluttanti ad investire in Iran e i problemi strutturali limiteranno i potenziali benefici. Vaez sostiene che ci vorrà ancora un po’ di tempo prima che Teheran adempia ai propri impegni (smantellare i due terzi delle centrifughe, ristrutturare il reattore di Arak, esportare il 97 per cento del proprio uranio arricchito), e l’ Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica faccia le dovute verifiche.
Realisticamente, le sanzioni verranno tolte tra gennaio e febbraio e questo “avrà un effetto dirompente sull’economia, perché romperà vecchi equilibri. Con l’eliminazione delle sanzioni le differenze tra i vari centri di potere e le diverse fazioni in Iran sono destinate ad approfondirsi, perché la fine delle misure punitive scardina un sistema di interessi costituiti e pone questioni importanti riguardo alle priorità da affrontare. Senza dubbio il governo dovrà affrontare l’opposizione di tutti coloro che, avendo beneficiato delle sanzioni, tenteranno di preservare i loro privilegi in due modi. Proveranno ad ostacolare il ritorno dell’Iran nella comunità economica internazionale. Oppure, se non ci riusciranno, cercheranno di esserne i principali beneficiari”.
Le tensioni interne, quindi, secondo Vaez sono destinate a crescere nei prossimi mesi: “Dal momento che la fine del regime sanzionatorio contiene un forte potenziale di cambiamento, i guardiani del sistema stanno già cercando di attutire gli shock dell’accordo e di riequilibrare la bilancia del potere. Questo ha portato ad una serie di arresti e a forti reazioni anti-americane, che sono destinate a durare a lungo, fino al 2017”.