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Non si gioca con l’onore dei morti

Mettetevi in testa la marcia Cristo alla Colonna del maestro Belisario. Accade a Modica, nella più bella delle Sicilie, che un’anziana signora, deceduta una settimana fa, non venga riconosciuta da parenti e amici e che, dunque, sola anche dal punto di vista civico, non riesca a ricevere la dovuta sepoltura in attesa del funerale. ‘Nzu, nessuno, aduso alla pietas, è disposto a mettere sugli occhi della donna le monete per varcare le acherontee livide onde. Tant’é.

Siamo laici, vegani, facciamo la raccolta differenziata, abbiamo i pannelli fotovoltaici sul tetto. Sappiamo indignarci, conservare gli scontrini della spesa; giusti sempre siamo ma non fessi perché il civismo è spacchioso per definizione. Siamo titolati e però, quanto alle questioni di sangue e carne, di eros e tanatos, ecco latitiamo. Perfino nella provincia babba.
Siamo credenti, ma a modo nostro. Ognuno – pare – ha un rapporto diretto col Principale. Evidentemente il Padre Eterno, con l’avvento della telefonia mobile, deve aver dato il proprio numero a tutti. E così, quanto alla cosiddetta Mezza Messa, quel bignamino di valori per non sconchiudere lungo i terreni passi prima di giungere al cospetto degli occhi di bragia,  siamo tutti scolari ripetenti. Con la Mezza Messa appiccicata con la sputazza.

No, non c’è da scomodare la letteratura perché sarebbe come improfumare cacca bovina appena fatta. Basterebbe, giusto per non andare lontano – e mi riferisco alla sola distanza fisica – evocare Raffaele Poidomani. Perché perfino al Marchese del Burgio, sostenuto e altezzoso nel mezzo del cammin della sua di vita, non fu negata la gioia dei berlingozzi profumati quando l’estetica si era consunta e l’alterigia era arretrata al punto di coprire giusto polsini e colletto. Perché? Perché nun si ioca cull’onore dei morti.

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