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Ripensare i consumi per un mondo migliore

Viviamo in un mondo in cui è possibile comprare un pull a 5 dollari ed è spesso difficile trovare un biscotto che non sia stato prodotto con olio di palma e conservanti.
Un mondo in cui le diseguaglianze sociali, il cambio del clima dovuto all’inquinamento impongono alle classi dirigenti un totale ripensamento dei modelli di vita e di consumo.
E la moda è uno dei mondi che più è causa del problema e in parte che più può aiutare (anche con la sua forza comunicativa) a trovare nuovi modelli di consumo responsabile.

Anche di questo si è discusso mercoledì 2 dicembre durante il secondo appuntamento del ciclo di incontri “Rethinking luxury” sulla responsabilità sociale nel settore moda voluti da Vitale Barberis Canonico e coordinati da Francesca Romana Rinaldi, docente del MAFED SDA Bocconi (nel quale è responsabile del topic Fashion Sustainability) e coautrice de L’impresa moda responsabile (Egea, Greenleaf Publishing).
Un’iniziativa interessante nata per generare nuove idee e condividere best practices sulla responsabilità d’impresa nel fashion luxury.

“La responsabilità- ha sottolineato Francesca Romana Rinaldi- rappresenta una grande opportunità di differenziazione per le aziende del Made in Italy: il racconto della filiera, la descrizione della qualità del prodotto e dell’integrazione tra etica, estetica ed innovazione, permettono di spiegare al consumatore il price premium. In questo storytelling le aziende che hanno mantenuto la produzione in Italia sono avvantaggiate rispetto a quelle che hanno delocalizzato.
Il nuovo consumatore è sempre più curioso ed informato sulla storia dietro al prodotto.”

All’evento del 2 dicembre sono intervenuti anche la Responsabile comunicazione Stella Jean e Founder Studio Re Monica Re, il Sustainability Services Leader Deloitte Italia Franco Amelio, la responsabile in Italia di Fashion Revolution Day /Auteurs du Monde Marina Spadafora e la Responsabile del Dipartimento Intellectual Property Rödl & Partner Camilla Manfredi.

“Sono convinta- ha dichiarato Marina Spadafora di Fashion Revolution Day /Auteurs du Monde- che attraverso scuole e università si possa creare consapevolezza tra i giovani riguardo le abitudini e l’impatto che i nostri acquisti hanno sulla società e sull’ambiente. Solo quando il consumatore finale esigerà trasparenza e comportamenti etici dalle aziende da cui acquista si potrà vedere un cambiamento profondo dettato dalla domanda del mercato per prodotti sostenibili.”

“Un mondo in forte mutazione- ha detto Monica Re- non può essere raccontato con i vecchi linguaggi. Un’azienda all’altezza dei tempi, è un organismo vitale, che fa ricerca, pratica il cambiamento come strumento creativo, ed è fatta di persone che rivelano attraverso i loro prodotti una precisa filosofia. La “Wax &Stripes philosophy”, manifesto dello stile della designer Stella Jean, dà voce alle esigenze di aggregazione e interdipendenza fra le molte “etnie culturali” oggi presenti nel corpo sociale, in una sorta di contro- colonizzazione culturale. Stella Jean collabora con artigiani africani e haitiani sulla base di in un principio di rivalutazione, impatto economico e rispetto dei territori, delle risorse e tradizioni delle comunità indigene che vanno sostenute, preservando un infinito patrimonio di antichi saperi a rischio di estinzione e contrastando la livella svilente della massificazione imperialista”

“Non può esserci innovazione senza sostenibilità e viceversa”, ha concluso Francesca Romana Rinaldi. “L’eccellenza delle materie prime, le condizioni di allevamento degli animali da cui sono ottenute, la tutela dell’ambiente, la costante attenzione al benessere dei dipendenti e la massima attenzione alle esigenze dei consumatori sono i valori che hanno reso il lanificio Vitale Barberis Canonico un bellissimo esempio di responsabilità sociale.”

ps Probabilmente i cambiamenti che stanno avvenendo nel mondo dell’agroalimentare può essere un segnale interessante. Oggi è cresciuta la consapevolezza dell’importanza di prodotti a chilometro e di coltivazione biologica. Marchi un tempo visti come di nicchia, come i biscotti della Di Leo che da 25 anni realizza prodotti senza olio di palma, oggi stanno diventando un must have e da Matera stanno conquistando i mercati internazionali.

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