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Vi racconto la corrida post elettorale in Spagna. Parla la politologa Román

Si sapeva che i risultati delle elezioni generali del 20 dicembre in Spagna sarebbero stati complessi, ma non così tanto. Paloma Román, direttrice del Dipartimento di Scienze politiche e amministrazione dell’Università Complutense de Madrid, ha spiegato in un’intervista a Formiche.net i possibili scenari post-elettorali e le diversi ipotesi di coalizione.

La Spagna si trova di fronte a una realtà fino adesso sconosciuta: la fine del bipolarismo e la necessità di un accordo politico per potere formare un nuovo governo. Le grandi coalizioni non fanno parte della tradizione politica spagnola, ma la spinta dei partiti emergenti ha cambiato le regole del gioco e ha dipinto di più colori il Parlamento.

POSSIBILI ALLEANZE

Tra le ipotesi di coalizione per formare un nuovo governo c’è l’unione tra i deputati del Partito Popolare (123) e quelli di Ciudadanos (40) e altri gruppi alleati con il Psoe. Ma anche quella tra il Psoe (90), Podemos (69), Izquierda Unida (2) e altri gruppi vicini a Repubblica Catalana. Tutte equazioni numeriche che si scontrano con la diversità di programmi politici tra i partiti.

NUMERI VS. POLITICA

Secondo Román, sono molte le possibilità aritmetiche, ma poche quelle fattibili sul piano politico: “È normale che Mariano Rajoy cercherà di governare per avere ottenuto il maggior numero di voti, ma non ci riuscirà. Non penso che le altre forze politiche lo investiranno come premier. Rajoy si è fatto pochi amici. In quattro anni di governo con la maggioranza ha agito da solo, senza parlare con gli altri. Ora sta cercando alleanze, ma vedo poco probabile che convinca gli altri”.

AL VOTO IN PRIMAVERA?

Anche se uno di questi esperimenti andasse in porto avrebbe sicuramente una vita breve: “Penso a un’alleanza tra il Pp, Ciudadanos o Psoe. O tra Podemos, Psoe e le forze di sinistra sarà una prova effimera. Non abbiamo una tradizione di grandi coalizioni e non si riuscirà a decidere molto con tutte queste differenze”, spiega Román. L’analista considera che tra due mesi, o al massimo ad aprile, la Spagna potrebbe tornare al voto. Un chiaro segno del fallimento dell’attuale sistema elettorale.

PARTITI EMERGENTI

Román giudica  buono il risultato ottenuto dai partiti emergenti Podemos e Ciudadanos, ma più basso di quanto si credeva fino a qualche settimana fa. Il gruppo guidato da Albert Rivera era quasi sconosciuto un anno e mezzo fa, ma non sono riusciti ad arrivare secondi come avevano indicato i sondaggi.

Neanche Podemos è riuscito a centrare l’obiettivo di di sorpassare i socialisti del Psoe: “Podemos ha fatto un grande sforzo, ma quei 69 deputati non sono tutti suoi. Il partito di Pablo Iglesias ha fatto molti accordi regionali ed è così che ha sommato voti”.

PODEMOS NON È M5S

Quali effetti potrebbero avere sull’Europa le elezioni spagnole? Il potere acquisito da Podemos non “nutrirà” i partiti euroscettici europei perché si tratta di realtà molto diverse. Román fa una distinzione netta tra Podemos e il Movimento Cinque Stelle: “Il fenomeno di Podemos ha una struttura gerarchica molto chiara e un sistema di partecipazione. Il Movimento Cinque Stelle invece si basa sull’anti-politica e su un leader. Sono meno convenzionali”.



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