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Così Erdogan oscilla tra laicità e islamismo

RECEP TAYYP ERDOGAN MINISTRO TURCO

Con un occhio rivolto al fronte interno – i curdi – e uno all’intricato panorama siriano, la Turchia procede nel suo cammino verso l’adesione all’Unione Europea. È stato game, set e match per Recep Tayyip Erdogan domenica scorsa nel vertice straordinario con l’Ue, nel corso del quale il Presidente turco ha ottenuto 3 miliardi di euro per fare fronte al flusso dei profughi siriani verso il suo Paese, e, nella Dichiarazione politica di fine vertice, un impegno per la liberalizzazione dei visti europei per i cittadini di Ankara e la convocazione di due vertici annuali euro-turchi.

Sullo sfondo la precaria situazione dei rapporti con la Russia di Putin, dopo il caso dell’abbattimento di un jet del Cremlino al confine con la Siria e le accuse di Mosca a Erdogan sul petrolio del Califfato. Rapporti che stanno mettendo in crisi l’opinione pubblica occidentale: da una parte, il debordante Putin, assurto a difensore della cristianità dopo le sue esibizioni muscolari nei confronti del Daesh e considerato da molti il vero leader della campagna contro il terrorismo islamico in sostituzione del recalcitrante Obama; dall’altra il Sultano Erdogan, autoritario come il Presidente russo, membro della Nato, alleato dell’Occidente, ma in rapporti ambigui con l’Isis e i jihadisti che combattono Bashar Al-Assad in Siria. Di fronte a questo panorama, che conferma, se mai ce ne fosse ulteriore bisogno, la fine del rassicurante mondo dei blocchi contrapposti, le Cancellerie occidentali hanno risposto dando, più o meno apertamente, appoggio a Erdogan e al suo Primo Ministro, Ahmet Davutoglu. Il quotidiano turco Hurriyet ha affermato che Francia e Germania hanno chiesto l’utilizzo della base aerea turca di Incirlik per i raid sui jihadisti in Siria, mentre il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, ha annunciato il rafforzamento delle difese aeree turche al confine siriano.

Questi episodi rafforzano la visione di una Turchia come Giano bifronte, posizione assunta metonimicamente anche da Erdogan, da anni unico e onnipotente player della politica turca. Perché il leader dell’AKP ha saputo essere Giano bifronte anche sul fronte interno, rielaborando la turchicità e le sue fondamenta: la secolarizzazione e la laicità (laiklik). Quando nel 2002 il suo Partito della Giustizia e dello Sviluppo era asceso per la prima volta al potere, Erdogan aveva saputo trovare la sintesi tra i valori tradizionali del conservatorismo sociale anatolico – e dell’identità religiosa musulmana sunnita -, le aspirazioni della borghesia liberale stambuliota e alle rivendicazioni dei curdi, cui concesse da subito libertà linguistica. Nella Nuova Turchia che aveva in mente, la soluzione della questione curda era uno dei 5 punti annunciati in pompa magna una volta eletto Presidente della Repubblica nel 2014. La crescita economica, che ha visto il Pil della Turchia triplicare dal 2002 a oggi, ha fatto, nel corso degli anni, della Turchia un modello di democrazia laica a maggioranza musulmana.

Il cambiamento dello scacchiere mediorientale, con il radicarsi del fenomeno jihadista, le Primavere Arabe, e il consolidarsi dell’espansione economica, hanno portato Erdogan a islamizzare la società turca, rimarcando l’identità sunnita non a discapito dei valori repubblicani kemalisti, ma in quanto parte di essi.

Anche se la Repubblica è stata costituzionalmente definita come indipendente dall’affiliazione religiosa, l’identificazione del turco come musulmano è sempre stata una costante della storia della Turchia. Questo ha portato a due tipi di atteggiamenti delle élites secolarizzate verso il sostrato religioso della società turca: uno isolazionista, che ha visto la promozione della laicità e del principio di supremazia dello Stato finalizzate al contenimento della shari’a e degli ulema nella vita politica e sociale del paese; uno integrazionista, più aperto alla compenetrazione tra Stato e religione e che ha visto il finanziamento da parte del Governo di moschee, delle scuole degli imam-hatip, delle Fratellanze musulmane e degli ordini sufisti.

Erdogan finora è stato l’uomo della sintesi ideologica turco-islamica. Il futuro – non troppo lontano – ci dirà se nella sovrapposizione, nella reciproca influenza e nella lotta politica per il potere in Turchia tra laicità e Islam emergerà anche una reale Turchia europea.


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