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Un capolavoro chiamato Italia. Racconto a più voci di un patrimonio da tutelare, proteggere e valorizzare

Leggendo un interessante articolo apparso recentemente sul Corriere della Sera mi ha colpito la lucida analisi di Raffaele La Capria, espressa in un nuovo saggio, sulla bellezza, intesa non in senso puramente estetico, ma come la principale nota caratteristica della carta d’identità italiana, poiché nessun Paese al mondo ha un paesaggio così bello come quello italiano. È quindi naturale che sfregiare questa bellezza, «come accade sistematicamente da quarant’anni», significa devastare anche la vita sociale, «poiché il degrado ambientale è sempre accompagnato da un degrado umano».

“Un Capolavoro chiamato Italia” , pregevole iniziativa editoriale della Fondazione Hruby,  è un volume davvero ricco di contributi capaci di descrivere lo “stato dell’Arte” con enorme autorevolezza stante la qualità degli autori. E’ un “viaggio” responsabile pagina dopo pagina che consente al lettore di apprendere molte informazioni sul nostro Patrimonio unico al mondo esposto ogni giorno a rischi enormi a cominciare da quello della sicurezza, senza la quale la Bellezza sarebbe in pericolo come dimostra la cronaca di questi giorni
La rapina a Castelvecchio testimonia evidenti falle nel sistema di sicurezza del museo (poco prima della chiusura e dell’attivazione del sistema di allarme, tre uomini armati e a volto coperto hanno neutralizzato un vigilante e sono fuggiti con 17 quadri, tra cui un Pisanello e un Caroto. Valore tra i 10 e i 15 milioni di euro) , ma anche altri luoghi storici del nostro Paese non sarebbero adeguatamente protetti
E allora  quanto sono sicuri gli altri monumenti italiani? E ancora Il livello di sicurezza di questi è adeguato?“

La pubblicazione che si commenta è un’opera significativa che dovrebbe essere proposta anche nelle scuole per una  effettiva e indispensabile “educazione culturale” poiché soprattutto le nuove generazioni hanno necessità di una formazione specifica per conoscere e difendere il nostro patrimonio.

Il libro è davvero prestigioso e appassiona e questo grazie alla scelta accurata della Fondazione che ha saputo mettere insieme disamine eterogenee, ma che risultano accomunate da una visione unanime con la quale si porta all’attenzione il grido di dolore costante (non bastano i richiami all’articolo 9 della Costituzione)  e in primo luogo quello della difesa della bellezza. Parlare di difesa delle bellezza è parlare di civiltà in tempi decisamente privi di bussole formative. Vi è la necessità di un “centro educativo” per usare le parole di Danilo Dolci che possa alimentare un sentimento comune a partire dalla prima alfabetizzazione che comprenda il concetto della tutela del paesaggio e del patrimonio artistico tra i principali aspetti valoriali.
Ecco perché questa pubblicazione è importante proprio in questo momento di grande indifferenza sociale.
Se l’Italia è un capolavoro vi debbono essere italiani capaci di difenderlo con tutte le forze e la sicurezza in questo contesto  gioca un ruolo fondamentale; investire in sicurezza significa investire in civiltà, perché anche l’opera minore in un piccolo paese deve avere la giusta tutela, perché una sola opera potrebbe rendere grande una piccola realtà per lo sviluppo economico, sociale e culturale. E se l’Italia è un museo a cielo aperto, ogni opera d’arte è una stella che illumina e risplende.



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