Si chiama Beersheba e sarà la futura cybercapitale di Israele. Il complesso immobiliare, denominato CyberSpark è stato inaugurato due anni fa dal primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu. Ma non è che una parte dello sviluppo complessivo della città che si estenderà su 13 mila chilometri quadrati.
L’obiettivo è farne un centro nazionale di ciberdifesa, ma anche uno dei poli mondiali della sicurezza informatica, sviluppando anche la regione desertica del Negev. Un investimento pubblico da 7 miliardi di euro.
L’operazione CyberSpark, che è soltanto una parte del progetto, contribuirà a sviluppare l’economia di quell’area così tanto che la città dove adesso gli ufficiali stentano a trasferirvisi diventerà, invece, molto attraente. Beersheba, 220 mila abitanti, con i suoi palazzi di vetro e acciaio, appare come un miraggio dalla sabbia, nel bel mezzo della strada dritta e monotona che attraversa il deserto. Qui, all’università di Ben Gourion del Negev è stato creato il primo programma israeliano di insegnamento dedicato alla cibersicurezza. Qui, un battaglione di giovani informatici arrivati dai quattro angoli del paese bracca i virus informatici, immagina «parafulmini» e si ingegna a anticipare le nuove ciberminacce.
Un logo rosa segnala l’ingresso al centro di ricerca creato da Deutsche Telecom. Quelli di Lockheed Martin, Emc, Ibm occupano altri piani. In totale, sono 15 le multinazionali che si sono insediate in questi uffici insieme a qualcosa come 1.500 geni dell’informatica. Sarà anche un incubatore di start-up dove potranno trovare lavoro gli informatici reclutati dall’esercito una volta terminata la propria missione.
Sì, perché, il progetto del governo israeliano prevede anche di insediare in questa aerea diverse basi militari. Una svolta epocale per il paese. La prestigiosa unità 8200, che recluta ogni anno i più brillanti informatici, si installerà in quest’area entro il 2019. A regime, 30 mila militari popoleranno il deserto e contribuiranno al risveglio economico di questa regione sinistrata. La sfida principale non è affrontare le forze ostili alle frontiere, ma conquistare alla scienza e allo spirito pionieristico di Israele l’area selvaggia del Negev. Una nuova ambizione che frutta: 250 imprese specializzate che l’anno scorso hanno fatturato 3,5-4 miliardi di dollari. Tel Aviv sta arrivando a saturazione e Beersheba viene sempre più percepita come un’interessante alternativa dal momento che concentra nello stesso luogo sia l’esercito che l’università e l’impresa privata.
Uno studio dell’università americana Brandeis l’ha indicata a inizio 2015 come uno dei poli emergenti in materia di nuove tecnologie. Due mesi più tardi l’incubatore Jvp ha messo a segno un colpo da maestro vendendo al gigante dei pagamenti online PayPal la start-up CyActive. Questa impresa domiciliata a Beersheba è specializzata nella creazione di algoritmi a difesa delle imprese, prevedendo il tipo di ciberattacco che potrebbero subire. Il successo di questi imprenditori di appena 28 anni, che hanno venduto l’impresa per una decina di milioni di dollari, costituisce la migliore pubblicità per quello che si fa a Beersheba, la capitale del Neguev, che si augura un futuro simile alla Silicon Valley.
(Pubblichiamo questo articolo uscito sul quotidiano Italia Oggi diretto da Pierluigi Magnaschi grazie all’autorizzazione del gruppo Class Editori)