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Chi c’era a vedere Marcello Veneziani al Teatro Eliseo per il Comizio d’amore

Aprendo la sua tournée teatrale di cento Comizi d’amore per l’Italia da lui scritti e interpretati, Marcello Veneziani si conferma prosatore efficace e si rivela un attore capace, dotato di buona memoria e presenza scenica, anche se con parecchie, inevitabili incertezze e impuntature da neofita del palcoscenico.

La prima è andata ieri sera al Piccolo Eliseo, introdotta dal direttore del teatro romano Luca Barbareschi, che sta rendendo lo spazio di via Nazionale un cenacolo culturale raffinato e spregiudicato, secondo alcuni addetti ai lavori, bazzicato anche da Marco Travaglio.

In scena Veneziani gioca molto e bene con le parole, compendia la profondità filosofico-culturale del testo dedicando attenzione alla cronaca, con un umorismo che spesso tracima nel sarcasmo più feroce. Si rivolge agli “italieni”, cioè gli alieni che hanno sostituito gli italiani, ai “nascisti” che hanno sostituito i fascisti, spazia dagli inusitati complimenti al “Renzil” che sta restituendo un pizzico di ottimismo al Paese alle più prevedibili sferzate su Sergio Mattarella “capo dello statico”, arriva fino ai “saldi della cristianità” aperti da Bergoglio con il Giubileo.

Curiosa l’involontaria contrapposizione tra la messa in scena di ieri e quella, contestuale, della serata per Nicola Piovani che si è svolta nella sala maggiore del teatro. La differenza dei due pubblici si avvertiva: per quanto Veneziani abbia insistito sulla trasversalità della sua performance composta di “pensieri, parole, immagini e musica alla ricerca della patria smarrita”, facendosi aiutare da canzoni ‘progressiste’ come quelle di Ivano Fossati, Francesco de Gregori e Fiorella Mannoia, l’identità ideologica della serata è rimasta evidentemente destrorsa. Tant’è che l’unico applauso a scena aperta, per quanto riguarda i filmati proiettati in alternanza alla parte recitata direttamente da Veneziani e alle letture tratte dalla sua ‘Lettera agli italiani’ e affidate a Luca Violini, è arrivato quando sullo schermo è comparso Giorgio Almirante. E fortuna che nei video non si è visto nulla del fascismo, sostituito, con una scelta molto netta, dalla prima guerra mondiale.

In sala erano presenti tra gli altri Maurizio Gasparri, Amedeo Laboccetta, Riccardo Pedrizzi, Lillio Sforza Ruspoli tra i politici (o ex politici), Pietrangelo Buttafuoco, Francobaldo Chiocci, Marco FerrazzoliFabio Torriero, Gianfranco Spiezia del Marte, Paolo Corsini e Roberto Rossetti della Rai tra i giornalisti e gli intellettuali. Del resto l’operazione, per quanto intelligentemente culturale e identitaria, nasce pur sempre dal Comitato scientifico della Fondazione Alleanza Nazionale presieduto da Veneziani, quindi sulle ceneri finanziarie del partito che da Almirante e Gianfranco Fini proviene. È il progetto più interessante e originale della Fondazione, oltre che l’unico per ora concretamente partorito, si dice tra gli ex aeannini.



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