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Cogito ergo sum Charlie

Penso dunque Je suis Charlie.
L’uomo pensante, non solo un hashtag che invade la rete, nelle ore successive al primo assurdo attentato a rue Nicolas-Appert, XI arrondissement di Parigi, sede del giornale satirico Charlie Hebdo.
La maggior parte di noi, fino a quel giorno, mai aveva sorriso sfogliando quelle vignette entrate nel mirino degli uomini dell’Isis, mai ne aveva avuta una tra le mani, certamente da quel giorno la visibilità è globale. Ci sembra subito un boomerang. Se il gesto folle mirava a far tacere una redazione, ha fallito. Lo spirito dei francesi, l’irriverenza innata come valore culturale e la libertà non si spezzano, neppure sotto il fuoco dei terroristi islamici. Siamo tutti nuovi lettori.

Dopo la strage del 7 gennaio in cui sono morte 12 persone, la redazione del settimanale satirico è stato ospitato nella sede di Libération ed è arrivato in edicola un nuovo numero il 14 gennaio con sette milioni di copie (è stata infatti necessaria, lo ricordiamo, una ristampa).
In Italia ci siamo domandati, ben presto: “Potrebbe accadere anche da noi?”. In un Paese che non è ancora così multietnico, non ha tanti cittadini che provengono da ex colonie, non ha le “banlieue” ma i campanilismi, e nessun giornale satirico rilevante da segnalare. Dove la lotta o l’appoggio alla Chiesa era questione di politica interna, non religiosa… e Dopo Peppone e Don Camillo di Guareschi il nulla.
Certo le comunità di minoranza mussulmana, ebraica etc. hanno da noi una loro “pacifica” convivenza, chiedono più spazi, forse giustamente (ma il terrorismo penalizza tutti) in uno Stato cattolico. In Francia, Stato laico, gli equilibri sono per la prima volta invece in pericolo. Ma i parigini anche dopo Bataclan non cedono alla paura, e neppure i giovani turisti che in queste feste hanno scelto la sua capitale, e penso a tutti “quelli che” in bici hanno girato, come Margy e Pina, per le vie più famose tra mazzi di matite e fiori. Perché il mondo che vogliamo è pieno di lettori che pensano.

un anno dopo Charlie Hebdo, in bici alla redazione


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