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Cosa si dice in Germania del vertice Merkel-Renzi

“L’Italia si emancipa – Perché Merkel esaudisce i desideri di Renzi” si leggeva poco dopo la conferenza stampa di Angela Merkel e Matteo Renzi sul sito del canale televisivo privato N-Tv. “Più volte nel recente passato il premier italiano ha reso noti, con modi e toni non sempre diplomatici, i propri desiderata: e cioè che il governo italiano non intende più farsi dire dalla Germania cosa fare o non fare. E ora con la questione profughi Renzi tiene in pugno Merkel: e lei sta al gioco”.

PROFUGHI E RIGORE

Chi ha assistito alla conferenza stampa, proseguiva il commento, “poteva solo intuire da alcune risposte che in precedenza vi erano stati dei dissapori. Per esempio quando Renzi ha detto che non vi era ragione alcuna del contributo italiano agli aiuti per la Turchia, non appena fossero giunte da Bruxelles le risposte che attendeva. Un’allusione affatto velata circa la carta con la quale Renzi tiene in pugno Merkel. Perché la chiave di volta del piano Merkel per riprendere il controllo sui profughi è la Turchia. Se gli altri Stati Ue non collaborano il piano salta. Così facendo Merkel si è resa vulnerabile. E l’ambizioso Renzi vede in ciò la chance di scrollarsi finalmente di dosso alcuni fastidiosi lacci imposti dall’Ue. È da tempo che l’amico di Merkel – che durante la conferenza stampa le dava del tu – si comporta in modo strano, continua a sparare bordate contro Berlino e Bruxelles. L’Italia vuole uscire dai rigidi parametri di austerità, vuole poter fare più debiti e scrollarsi di dosso la nomea di grattacapo dell’Ue, quasi fosse la Grecia. E il fatto che fino a oggi non vi sia riuscito lo imputa in primo luogo alla Germania”.

UN LENTO AVVICINAMENTO

Più accomodante il giudizio su menage Renzi-Merkel espresso dalla Frankfurter Rundschau online, secondo la quale: “Dopo settimane di punzecchiature e screzi, Merkel e Renzi si sono sforzati di dimostrare comunione di intenti e di vedute”.

UNA STRATEGIA INACCETTABILE

Il Tagesspiegel online di Berlino contraddice però questa analisi. “Il premier italiano Matteo Renzi resta sulle sue posizioni: prima che l’Italia si dichiari disponibile a contribuire agli aiuti alla Turchia vuole che Bruxelles si mostri più flessibile riguardo al patto di stabilità”. Anche la Süddeutsche Zeitung si mostra assai scettica e titola “Increscioso per Merkel”. Increscioso per la Kanzlerin è il fatto che, così spiega l’articolo, “il premier Matteo Renzi faccia dipendere il sostegno finanziario dall’allentamento del patto di stabilità” che solo “dopo la contropartita europea di maggior flessibilità” sarà disposto a contribuire agli aiuti per la Turchia. “Per Merkel la collaborazione con la Turchia è di fondamentale importanza perché da questa dipende la considerevole diminuzione di profughi diretti in Germania”.

UN BOOMERANG PER RENZI?

Una mossa che potrebbe però rivelarsi un boomerang. Così crede la Welt, seconda la quale “Renzi a volte può comportarsi come un vero discolo. D’altro canto fa parte del rituale che i premier italiani ci provino regolarmente a stuzzicare e provocare la Kanzlerin. Già Berlusconi rivendicava per l’Italia un posto più centrale, per poi incassare sorrisetti e ritrovarsi solo. Chissà se Renzi sarà più fortunato. Intanto i profughi sono diventati la leva con la quale spera di assicurarsi il successo. Da settimane l’Italia blocca l’accordo sui tre miliardi di euro che l’Ue vorrebbe pagare alla Turchia affinché contribuisca alla riduzione del flusso dei profughi”.

L’ANALISI DI DECKER

Più sobria e articolata di quella della Welt è stata (per quanto precedente alla conferenza stampa) l’analisi del politologo Frank Decker. L’incontro con i media è iniziato con un’ora di ritardo, il che ha dato agio al canale di informazione pubblico Phoenix di fargli un’intervista a tutto tondo sulla posizione italiana. Perché mai Matteo Renzi da “sonny boy” si è trasformato in partner riottoso? “Perché gli serve più libertà di movimento” rispondeva Decker. “Renzi deve gestire una situazione interna non facilissima. Non tanto per quel che riguarda la stabilità del governo, quello è stabile, ma per le riforme che ha fatto e quelle che intende ancora fare. E a essere sinceri di lavoro ne ha fatto parecchio. A iniziare dalla riforma del lavoro e, ancora più difficile, la riforma istituzionale. Tanto di cappello, non ci saremmo riusciti nemmeno noi e, come si sa, la Francia fino a oggi non osa mettervi mano. Eppure ha un sistema camerale non molto dissimile. Per questo ha bisogno di più libertà di movimento”. Anche Decker sottolineava che Merkel ora come ora ha disperatamente bisogno della solidarietà degli Stati mediterranei. Una solidarietà – ricordava il politologo – che lei stessa non ha però saputo dimostrare durante la crisi. Certo, aggiungeva Decker, “Renzi gioca a sua volta con il fuoco. Perché senza il contributo italiano alla Turchia lui stesso potrebbe ritrovarsi domani di nuovo con migliaia di profughi ammassati a Lampedusa”. Ma la Turchia non è l’unica questione che rende tesi gli attuali rapporti tra Berlino e Roma, ricordava l’esperto.

COSA CAMBIARE

“C’è anche la questione del raddoppio di Nord Stream, mentre il progetto South Stream è naufragato. Anche riguardo alla politica energetica, la Germania dovrebbe fare autocritica. Dopo la decisione repentina di chiudere le centrali nucleari, Merkel avrebbe dovuto impegnarsi in una politica energetica europea anziché esclusivamente tedesca”. E infine, alla domanda dell’intervistatore se, alla luce della debolezza francese, Merkel non potrebbe prendere in considerazione una nuova asse Roma-Berlino, Decker replicava: “La Francia è l’alleato numero uno della Germania, senza il tandem Berlino-Parigi in Europa non si muove foglia. Vero è però anche che la Francia non è messa benissimo, e che le elezioni in Spagna e Portogallo hanno mandato a casa i governi che avevano a loro tempo accettato la politica di austerità made in Bruxelles e Berlino. Alla luce degli sviluppi politici ed economici incerti di questi Paesi, un’alleanza più forte con l’Italia sarebbe auspicabile”. Ma non risolutiva. Secondo Decker quello di cui l’Europa avrebbe ora bisogno è un momento di riflessione, di ritorno alle origini. Di una liaison più stretta tra i sei Stati fondatori. Perché se l’Ue vuole funzionare deve essere compatta, non solo nella gestione dei profughi, deve avere anche una politica estera e di difesa unitaria. “Perché diciamolo, è inammissibile che la Francia debba andare in giro ad elemosinare alleati per la lotta contro il sedicente Stato islamico”.


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