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Dalle reazioni globalizzate alle relazioni internazionali

Ciò che vediamo è un rincorrersi di reazioni globalizzate. Competitivi, i sistemi non dialogano per ritrovare un interesse generale; se lo fanno, è solo per tattica. La realtà, quella vera, ci dice che è l’ora di cambiare strada; ce lo dicono le “non persone” senza voce, l’inesistenza di una condivisione strategica dei problemi e delle sfide che abbiamo di fronte, il disagio e la crudeltà dilaganti. In questo, ben pochi sembrano avere la consapevolezza che abbiamo bisogno di costruire un percorso di senso, di progetto, di civiltà; anzitutto, considerando il mondo come terra-patria.

E possiamo farlo ripartendo dalle nostre città, luoghi quotidiani della convivenza; è lì che vivono le dimensioni locale e globale della nostra vita, che la “prossimità governata” può farsi integrazione, che il “meticciato” può farsi realtà. Invece ci abbandoniamo alla irrealtà, lasciamo che la paura prenda il sopravvento e, così facendo, facciamo vincere il disumano e rendiamo i luoghi della nostra vita dei contenitori vuoti di libertà e avvolti nel bisogno di sicurezza.

Lavorare per città-mondo è il primo passaggio verso la terra-patria; si tratta di ricostruire i mondi di relazione, il vivere-in-comune, di ritornare alla politica. E’ solo così che non perderemo i vantaggi della globalizzazione, che potremo ritrovarne e consolidarne il senso globale, ritrovandoci soggetti storici di relazioni internazionali.

Università degli Studi “Link Campus University”

Istituto fondamentale per la conoscenza e la convivenza – The Global Eye

 



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