Il mio primo desiderio è che l’economia mondiale parta con il piede giusto sin dall’inizio del 2016. Ad eccezione degli Stati Uniti, dove gli indici ISM sono stati deludenti, i leading indicators evidenziano un miglioramento quasi ovunque. Allo stato attuale siamo convinti che l’economia americana attraversi solo un momento di debolezza e che riprenderà slancio una volta terminato il periodo di riduzione delle scorte. Come sottolineato ad ottobre, il mini-ciclo cominciato in Asia dovrebbe continuare ad essere un driver positivo nella prima metà dell’anno prossimo.
Il secondo augurio è che i responsabili delle politiche economiche non facciano i guastafeste. La Fed avrà un compito arduo e potrebbe mostrarsi più aggressiva di quanto si aspetti il consensus (continuiamo a credere che ogni trimestre fino al Q3 sarà caratterizzato da un rialzo dei tassi). Le autorità cinesi dovranno trovare il giusto equilibrio fra ritmo delle riforme e stimoli monetari. Il margine di manovra sulla politica economica consente di evitare un hard landing nel 2016. In Europa speriamo che la crisi dei migranti non si aggravi e che la scommessa sulla Brexit non abbia esiti disastrosi.
Il terzo desiderio è che il consensus non si sbagli sull’Europa. La sovra-performance del mercato azionario europeo è stata un tema dominante nel 2015, che però non ha sempre funzionato. A nostro parere l’Eurozona dovrebbe crescere al di sopra del proprio potenziale, ma quest’idea è talmente diffusa che la delusione è in agguato. In particolare, come sottolineato nell’e-mail della settimana scorsa, l’Europa è l’area maggiormente esposta al rallentamento americano e ad una crisi dei Paesi emergenti. Il problema del Vecchio Continente è cheun’economia mondiale solida è la conditio sine qua non per poter immaginare uno scenario più ottimistico di quello prefigurato dal consensus.
L’ultimo augurio è che il calo dei prezzi del petrolio giunga ad una conclusione. Finora tale trend è stato positivo per i consumatori dei Paesi sviluppati. Tuttavia, il beneficio marginale derivante dalla debolezza del greggio sta diminuendo notevolmente, mentre sta aumentando l’impatto negativo sulle economie emergenti. Inoltre, un’ulteriore flessione dei prezzi del barile è una pessima notizia per le piazze high yield USA. Le pesanti perdite subite di recente da due ETF negli Stati Uniti mostrano che un deficit supplementare di liquidità sui mercati è un problema sempre più grave. Una stabilizzazione o un eventuale rialzo dei prezzi del petrolio darebbe sollievo al settore petrolifero americano e ai Paesi esportatori di oro nero.
Bisogna ricordare che fornire stime sull’andamento dell’attività economica è un esercizio pericoloso, costellato di errori. C’è sempre una grande differenza fra i desideri e la realtà economica. Svestiti i panni dell’economista, vi auguro di passare nel modo migliore le feste natalizie e la fine dell’anno. Vi ringrazio per le vostre osservazioni, per le vostre domande e per le appassionanti discussioni sulle mie note settimanali nel corso dell’anno. Aspetto con ansia il 2016 per riprendere questo stimolante dibattito.