Giovedì 28 gennaio, la stagione 2016 del Teatro Massimo di Palermo viene inaugurata con Götterdämerung (“Il Crepuscolo degli Dei”), ultima “giornata” della tetralogia L’Anello del Nibelungo (in breve il Ring) di Richard Wagner nell’allestimento di Graham Vick; la messa in scena delle quattro opere (circa 16 ore di musica) è iniziato nel 2013 ed è stato interrotto per motivi di bilancio.
Per apprezzarlo occorrerà guardare, a ritroso, all’intero Ring del Massimo. Un Ring di questo livello non si vedeva ed ascoltava da quello co-prodotto una diecina di anni fa dal Festival di Aix en Provence e dal Festival di Pasqua di Salisburgo con i Berliner Philharmoniker diretti da Sir Simon Rattle e la regia di Stéphane Braunschweig. Nell’arco di questi cinquant’anni è stato iniziato, alla metà degli anni ‘70, un Ring rimasto incompleto per dissapori tra il direttore musicale Wolfgang Sawallisch, da un lato, e il regista e lo scenografo, Luca Ronconi e Pier Luigi Pizzi, dall’altro: l’intero progetto è stato poi portato a Firenze con la concertazione di Zubin Mehta. Negli anni ‘90, Riccardo Muti si è cimentato con un Ring scaligero da lui concepito. Ne è risultata una delle pagine meno gloriose della sala del Piermarini: un progetto scombinato in cui, ad esempio, il “prologo” è stato presentato (in versione da concerto) l’anno dopo la messa in scena della “prima giornata”. Le regie erano disomogenee, i cast traballanti e una concertazione verdiana più che wagneriana. Nel frattempo, Firenze e Roma proponevano due edizioni di livello del Ring, Venezia e Torino ne offrivano di dignitosissime e anche Bari e Catania ne presentavano di decorose pur se tradizionali.
Non abbiamo fatto sconti al Ring scaligero e berlinese criticando soprattutto la drammaturgia e la regia di Guy Cassiers e dell’équipe di Tonneelhuis. Questa nel “prologo” ci è parsa troppo carica di una simbologia politica, e sociale, poco adatta al grande lavoro di Wagner. Abbiamo anche criticato i tempi eccessivamente dilatati e solenni di Barenboim (così differenti rispetto a quelli del Ring che diresse a Bayreuth, con la regia di Kupfer, circa un quarto di secolo fa e di cui esistono ottimi DvD). Occorre dire che drammaturgia, regia, impianto scenico, proiezioni e mimi sono parsi gradualmente più in linea con la parte musicale via via che il Ring si dipanava e dal mondo degli Dei germanici si passava a quello degli uomini. Qualcosa di analogo si è visto nella regia palermitana di Graham Vick, di cui alcuni critici hanno notato negativamente il piglio violento. Ma, in fin dei conti, siamo su un’estensione di quanto Chéreau fece a Bayreuth nel 1976 e Ronconi-Pizzi a Firenze nel 1979-81.
Questa lettura politica si adatta bene a Götterdämerung dove le divinità appaiono principalmente nel racconto di una Valchiria scorata (e che vede il “crepuscolo” di un intero universo), in tre Norme che hanno il presagio della fine e nelle tre figlie del Reno che ottengono il riscatto della natura primigenia. Il dramma è soprattutto negli intrighi di potere (e di sesso) nel Palazzo in cui l’ingenuo Sigfrido resta imbrigliato. Sono tali da richiedere l’olocausto di Brunilde e la fine del vecchio ordine nella speranza (il grande accordo in mi bemolle maggiore con cui termina la tetralogia) di un mondo migliore. Götterdämerung è anche l’opera del Ring in cui l’eros (sparito dai palcoscenici italiani) è più declinato: il risveglio di Sigfrido e Brunilde dopo la notte d’amore, la seduzione di Sigfrido da parte di Gutrune, il bruto desiderio di sesso da parte di Hagen, lo scambio di coppie (che occupa gran parte del secondo atto), i giochi erotici di Sigfrido con le figlie del Reno, il ricordo sia di Sigfrido sia di Brunilde della prima volta che fecero l’amore.
Il Massimo ha preparato bene la città a questa ultima puntata del Ring. Un incontro-spettacolo si è svolto sabato 16 gennaio alle, alla Sala Onu, il baritono e regista Alfonso Antoniozzi presenta “Ma davvero era sua zia? La tetralogia come non ve l’hanno mai raccontata”, un racconto semiserio sulla grande saga dei Nibelunghi al quale Wagner dedicò anni e anni della sua vita. Friedrick Suckel al pianoforte.
L’appuntamento è stato il primo di una serie di eventi intorno all’opera che conclude il ciclo wagneriano interamente prodotto dal Teatro Massimo. Domenica 17 alle 16.30, nella Sala Onu, presentazione e proiezione de “La caduta degli dei” di Luchino Visconti, a cura di Salvatore Aiello e in collaborazione con l’Associazione Amici della lirica Ester Mazzoleni. Mercoledì 20 alle 18, in Sala Onu, la presentazione di Götterdämmerung a cura di Pietro Misuraca, organizzata dall’associazione Associazione Amici del Teatro Massimo. Poi, a partire da venerdì 22, la proiezione delle prime tre parti del Ring, alle 17: venerdì 22 Das Rheingold, sabato 23 Die Walküre, domenica 24 Siegfried . Infine martedì 26, alle 17, nella Sala Florio di Palazzo De Seta presentazione del Götterdämmerung, “Le addensate ombre nei vividi colori che aprono gli abissi alla redenzione” a cura di Salvatore Aiello, per l’associazione Amici della lirica Ester Mazzoleni.