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Tutte le tribolazioni del Monte dei Paschi di Siena

Ieri sera il Monte dei Paschi era l’undicesima banca italiana per capitalizzazione, con un valore di borsa di appena 1,5 miliardi di euro, inferiore, per esempio, a quello della Popolare di Sondrio o del Credito Emiliano . È questo l’esito della terza giornata di passione per la banca senese, che ha chiuso le negoziazioni con una perdita del 22,2% a 0,5 euro, con 76,3 milioni di azioni passati di mano.

Ancora una volta le vendite sarebbero state effettuate da operatori italiani ed esteri, con un giallo verso la fine della seduta: come riportato dall’agenzia MF-Dow Jones, nella fase di chiusura sarebbe stato inserito nel book un ordine di vendita al meglio per 15 milioni di pezzi, pari allo 0,5% del capitale. L’ordine però non è passato perché stava spingendo il prezzo di chiusura a 0,40 euro, in calo del -38,98%, scarto troppo elevato.
Neppure le parole dell’amministratore delegato Fabrizio Viola sono riuscite a sedare la speculazione. Ieri mattina in un messaggio rivolto agli investitori il banchiere ha definito l’andamento del titolo Mps «del tutto anomalo», visto che «non ha alcun riscontro nei fondamentali della banca. Al momento», ha aggiunto Viola, «la dimensione della raccolta di quei clienti che hanno deciso di spostare parte dei loro risparmi è contenuta e comunque inferiore a quella riscontrata nella precedente crisi che la banca ha vissuto nel febbraio 2013, che è stata brillantemente superata».

Sulla stessa lunghezza d’onda si è espresso Davide Serra, fondatore di Algebris e finanziere vicino al premier Matteo Renzi: «Dopo tutti gli aumenti di capitale che ha fatto, la banca è solida; lo dice la Bce», ha spiegato da Davos. «Per la prima volta sto guardando e iniziando a investire sul credito del Monte dei Paschi , sui bond subordinati e sul debito senior». Parole che non hanno avuto alcun effetto sul titolo, proiettato sin dall’apertura in territorio negativo, nonostante il divieto di short selling imposto da Consob fino alla seduta di oggi. Così, dall’inizio della settimana la banca senese ha bruciato oltre 1 miliardo di capitalizzazione arrivando a quotare a prezzi da saldo se si considera che il patrimonio netto è di 9,85 miliardi e l’attivo di 170 miliardi. Anche per questa ragione ieri nelle dealing room sono tornate a circolare voci di possibili operazioni di m&a, senza peraltro che emergessero nuovi scenari rispetto al passato. Ubi resta il candidato favorito per un’aggregazione con il Monte, soprattutto se sfumerà definitivamente il matrimonio con Bpm , mentre l’amministratore delegato di Unicredit Federico Ghizzoni ha subito messo a tacere le indiscrezioni su un possibile intervento della banca di piazza Gae Aulenti: «Non ci sono sollecitazioni del governo a intervenire su Mps ». Smentite analoghe sono arrivate da Poste e Intesa Sanpaolo .
Grande apprensione si registra comunque tra i dipendenti della banca, come testimoniano le parole del numero uno della Fabi Lando Sileoni: la banca «sta subendo attacchi speculativi, dettati quindi da altri interessi, non esclusi quelli di un acquisto del gruppo a prezzi irrisori».

Sempre ieri Mps ha lanciato una nuova cartolarizzazione (gestita da Banca Imi, Hsbc, Unicredit e dal Monte stesso) che ha come sottostante un portafoglio da 1,62 miliardi di euro in contratti di leasing di buona qualità a pmi e privati.

(Pubblichiamo questo articolo uscito sul quotidiano Milano Finanza diretto da Pierluigi Magnaschi grazie all’autorizzazione del gruppo Class Editori)



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