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Tutti i giochetti dell’Iran con Siria e Russia

Di J. Matthew McInnis
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Anche se l’Iran si è unito al coro di condanna contro i subdoli attacchi dello Stato islamico (Isis) a Parigi, l’attentato terroristico costituisce per Teheran una grande opportunità per promuovere i suoi obiettivi nella regione. Stati Uniti, Francia e altre potenze globali si stanno sforzando di costruire una coalizione anti Isis più efficace, tuttavia la relazione opaca dell’Iran con questo gruppo estremista potrebbe confondere questi sforzi. Da un lato, l’Iran vede lo Stato islamico come un pericolo per la sua sicurezza nazionale, tuttavia, la paura che l’Iran ha dell’Isis non ne fa un partner ideale per una coalizione.

Innanzitutto, molti elementi della leadership iraniana credono che lo Stato islamico sia, in ultimo esame, una creazione degli Stati arabi del golfo e delle potenze occidentali: questo equivoco intralcia la progettazione strategica iraniana, portando a politiche inefficaci. L’Iran e la comunità internazionale non hanno gli stessi obiettivi in Siria, infatti, mentre quest’ultima vede lo Stato islamico come una maggiore minaccia rispetto a quella costituita da Assad, per l’Iran resta prioritario impedire la caduta di Assad. L’Isis ha anche una funzione pratica per l’Iran: il regno del terrore e le sue ambizioni globali hanno efficacemente distratto la comunità internazionale dai sanguinosi crimini di Bashar al-Assad contro il suo popolo.

Gli Stati Uniti e la Francia stanno già premendo per una maggiore cooperazione con la Russia in Siria, una vera fortuna per Teheran che, insieme a Mosca, agisce per mantenere l’attuale regime siriano. Infine, l’Isis serve a indebolire la fattibilità e credibilità di qualunque alternativa al governo di Assad. Per l’Iran quasi non c’è differenza tra l’Isis (accusato di ricevere supporto dagli Stati arabi sunniti e dall’occidente) e gli altri gruppi di opposizione siriani (che notoriamente ricevono supporto dagli Stati arabi sunniti e dall’occidente). Teheran è lieta di lasciare che sia l’organizzazione terroristica a scontrarsi con i vari gruppi di opposizione sunnita, che rimangono la più grande minaccia per Assad. Il ruolo dell’Isis in Iraq è assai più complesso.

Profondamente preoccupato per lo sconfinamento dell’Isis ai confini del Paese e al cuore sciita dell’Iraq, l’Iran si è concentrato sulla difesa di queste aree. A ogni modo, Teheran non ha la capacità di respingere l’Isis dalle aree a ovest e nord-ovest dell’Iraq, a maggioranza sunnita; senza una strategia di lungo termine, ironicamente l’Iran deve affidarsi ai suoi oppositori arabi e agli Stati occidentali per reggere lo sforzo del combattimento contro l’Isis.

Al di là della sua retorica, Teheran non si fa scrupoli a utilizzare il gruppo terroristico per raggiungere i suoi scopi più immediati. Sarebbe un errore se i negoziatori statunitensi a Vienna, sperando di creare una coalizione anti Isis più vasta, accogliessero la richiesta di Teheran di un’indefinita permanenza al potere di Assad. Quest’eventualità, in un orizzonte più lungo, nutrirebbe le ambizioni di giocare un ruolo egemone nella regione e vanificherebbe la possibilità di una soluzione genuinamente politica in Siria.

Traduzione di Francesco Pesce

(Articolo pubblicato sul numero 109 della rivista Formiche)

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