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Tutti gli scogli per il Monte dei Paschi di Siena

Il secondo giorno di panic selling ha mandato nuovamente al tappeto Banca Mps, colpita da una seconda, violenta ondata di vendite. Ieri il titolo ha perso il 14,4% portandosi a 0,65 euro, con volumi consistenti visto che sono passate di mano 156 milioni di azioni contro una media trimestrale di 48 milioni.

I NUMERI

La capitalizzazione è pertanto scesa per la prima volta in tempi recenti sotto quota 2 miliardi a 1,9 miliardi, un livello ormai molto lontano sia dai valori di inizio anno che dalle quotazioni precedenti l’aumento di capitale del maggio 2015. Prima dell’operazione da 3 miliardi lanciata nella primavera scorsa, la banca senese valeva infatti 2,4 miliardi, quasi 500 milioni in più rispetto alle attuali quotazioni. Non solo: dagli 1,23 euro dell’ultima seduta del 2015 il titolo Mps è franato a 0,65 euro, accumulando un calo superiore al 47% in poche settimane. Al punto che, per limitare le perdite, Consob ha dovuto prolungare il divieto di short selling fino alla seduta di domani compresa.

IL PANICO

Ancora una volta le vendite vanno ricondotte più a un panico irrazionale e contagioso che a un rischio reale o quantomeno potenziale. I risultati del recentissimo Srep (superato con un 12% di Cet1 rispetto al requisito del 10,2% richiesto dalla Bce) e i numeri dell’ultima trimestrale fotografano un quadro delicato ma in evoluzione, con alcuni segnali positivi come il miglioramento della gestione operativa.

LA ZAVORRA

Resta certo la zavorra dei non performing loan, macigno da 24,8 miliardi su 112,5 miliardi di impieghi, che tuttavia l’istituto guidato da Fabrizio Viola ha cominciato a liquidare attraverso cessioni mirate sul mercato. Il piano industriale prevede infatti vendite di crediti deteriorati per un valore nominale di 5,5 miliardi, ma è chiaro che il contesto regolamentare sarà decisivo per la realizzazione dei deal. In assenza di una bad bank di sistema che addolcisca l’impatto delle operazioni, la banca potrebbe infatti andare incontro a nuove svalutazioni che ne indebolirebbero la posizione patrimoniale. La preoccupazione del mercato potrebbe insomma essere prospettica, anche se il pessimismo non giustifica il panic selling compulsivo di questi giorni.

LA FONDAZIONE

Stupore e apprensione ha manifestato il presidente della Fondazione Mps, Marcello Clarich, in una nota: «L’andamento del titolo di Banca Mps di questi giorni non trova giustificazione oggettiva nei dati aziendali secondo i quali l’istituto è stabile sotto l’aspetto economico e finanziario a seguito della piena attuazione del piano industriale, che ha già dato risultati positivi nei nove mesi del 2015», ha incalzato Clarich, ribadendo che: «La Fondazione segue con attenzione e assoluta serenità le reazioni del mercato che non appaiono sempre e necessariamente razionali. L’Ente continua a esprimere piena fiducia nel management della banca». Del resto la fondazione, come gli altri azionisti della banca, sta riportando pesanti perdite potenziali e, agli attuali prezzi di borsa, l’1,5% detenuto nella conferitaria vale appena 34 milioni. Invece la quota detenuta dal Tesoro, diventato azionista al 4% nel luglio scorso, vale oggi circa 90 milioni rispetto ai 240 iniziali.

(Pubblichiamo questo articolo uscito sul quotidiano Milano Finanza diretto da Pierluigi Magnaschi grazie all’autorizzazione del gruppo Class Editori)


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