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Unicredit, Intesa, Mps, Ubi. Ecco gli effetti del Bail In

Di Centro Studi Confindustria

L’EBA sta lavorando a un nuovo requisito per i bilanci bancari, il Minimum Requirement of Eligible Liabilities (MREL), che si inserisce nel filone delle nuove regole per il salvataggio ordinato delle banche. Tra queste c’è il bail-in, operativo da inizio 2016, in base al quale a farsi carico del dissesto di una banca devono essere anzitutto i privati che detengono una serie di passività della banca stessa: il capitale, ma anche le obbligazioni non garantite e i depositi oltre i 100mila euro. Il MREL imporrebbe, quindi, a ogni banca, oltre al rispetto del ratio di capitale, anche di avere almeno una certa quota di tali passività in bilancio. L’idea è che solo se una banca ha abbastanza passività di questo tipo si potrà, in caso di crisi, procedere al suo salvataggio secondo il bail-in. In caso contrario, le risorse private potrebbero essere insufficienti. Perciò il MREL è giudicato necessario per non svuotare i nuovi meccanismi di risoluzione delle crisi bancarie e la sua effettiva applicazione andrà monitorata con attenzione. Secondo vari analisti ciò farà aumentare il costo della raccolta bancaria, perché rende più rischioso per gli investitori immettere risorse negli istituti.

Sul MREL l’EBA ha già realizzato una consultazione pubblica e diffuso il rapporto finale. Non sono ancora stati definiti, però, criteri numerici precisi e tempistica. Per procedere di pari passo con il bail-in, il MREL dovrebbe partire già dal 2016. Non è ancora chiaro se sarà decisa una gradualità di applicazione o se, invece, vada rispettato tutto da subito. Infine, non è certo se tutte le banche dovranno far fronte al MREL o solo quelle sopra una certa dimensione. Il MREL interviene ancora più pervasivamente nella composizione delle passività bancarie. Secondo le stime EBA per 64 grandi banche della UE, capitale e debito subordinato valevano il 6,0% delle passività a fine 2014, le obbligazioni senior non garantite con scadenza oltre 1 anno il 6,8%, i depositi non garantiti con scadenza oltre 1 anno il 2,8%. Il totale delle passività utilizzabili per un bail-in arrivava al 15,6% del totale.

L’EBA ha calcolato, quindi, le carenze rispetto a due possibili valori per il MREL. Se tutti e tre questi tipi di passività concorrono al bail-in, con un MREL fissato all’8% del passivo solo 7 banche presentano una carenza (per un totale di 13 miliardi di euro); con un MREL pari al doppio del ratio di Basilea 3 per il capitale totale (10,5% del Risk Weighted Assets, RWA) si sale a 14 banche (44 miliardi). Si tratterebbe quindi di pochi casi. Tuttavia, se per il bail-in si volesse utilizzare solo il primo tipo di passività (cioè il capitale), le carenze rispetto ai due possibili minimi salgono in misura marcata: 47 banche (510 miliardi) e 52 banche (674 miliardi)1 . Questi dati indicano l’importanza di calibrare attentamente il MREL, come sottolineato di recente da Banca d’Italia, e anche di decidere, in un caso specifico di crisi, se escludere alcune passività dalla partecipazione al bail-in. Se il MREL viene fissato troppo in alto e si vogliono salvaguardare certe passività, la distanza delle banche europee oggi rispetto alle nuove richieste diventebbe notevole e bisognerebbe chiedere loro un grande sforzo per ricomporre il passivo.

Perciò, o il MREL viene fissato più in basso, oppure un eventuale bailin deve coinvolgere anche in concreto le altre passività oltre al capitale, ovvero obbligazioni e depositi non garantiti, che già sono incluse secondo le nuove norme europee. I dati armonizzati BCE mostrano una situazione più favorevole per le banche italiane in relazione al MREL rispetto ad altri paesi: hanno più capitale in rapporto al totale passivo (11,4%, contro 6,1% in Germania)2 e hanno emesso più obbligazioni (15,7% quelle con durata oltre 1 anno, 7,4% in Spagna), un dato che però non disaggrega i titoli senior non garantiti cui si riferisce il bail-in. La definizione in corso del MREL da parte dell’EBA riecheggia un’analoga misura appena varata nelle sedi internazionali. Il Financial Stability Board (FSB) ha definito a novembre 2015 le norme sulla Total Loss Absorbing Capacity (TLAC): si richiede alle banche globalmente sistemiche un adeguato volume di passività prontamente svalutabili o convertibili in capitale in caso di dissesto, per poter applicare il bail-in.

La soglia minima di TLAC è stata fissata al 16% del RWA da gennaio 2019. Il minimo deciso dal FSB è molto più alto dei due valori ipotizzati dall’EBA. L’obiettivo è porre fine alla questione del too-big-to-fail: con l’entrata in vigore del TLAC, una grande banca può affrontare una situazione di insolvenza senza contagiare l’intero sistema finanziario e le casse pubbliche. Il TLAC, viceversa, potrebbe non bastare se le difficoltà fossero sistemiche, come nel 2008. Chiaramente questo limita la libertà degli istituti nel definire la composizione del passivo, cioè della raccolta, e avrà costi che le banche potrebbero traslare sui tassi pagati dalla clientela. Secondo le analisi FSB il beneficio, cioè l’abbattimento della probabilità di una grande crisi, supera di molto i costi. Ma resta il rischio che queste norme contribuiscano a frenare permanentemente il credito.


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