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Unicredit, Intesa, Ubi. Perché gli allarmismi sono assurdi

Piazza Affari si è accanita ieri sui titoli delle banche italiane. Le perdite sul listino milanese sono state ingenti, sebbene non giustificate da alcuna novità sullo stato di salute degli istituti italiani. Si è invece innescato un cortocircuito tra voci, indiscrezioni e reazioni di mercato.

In particolare, si è diffusa la preoccupazione che la Bce fosse pronta a nuove svalutazioni dei crediti deteriorati delle banche del Paese. In questa situazione c’è chi ha colto l’occasione per guadagnare e vendere allo scoperto creando ulteriore volatilità e approfittando del clima teso sul settore bancario italiano, che è sotto gli occhi degli operatori anche per le nuove regole europee e per il duro confronto in corso tra Roma e Bruxelles.

La Bce tuttavia non ha avviato alcun focus particolare sulle banche italiane. In un documento pubblicato il 6 gennaio sul suo sito internet l’istituto di Francoforte ha chiarito le priorità della vigilanza per il 2016. Tra queste c’è il rischio di credito. In tal senso è stata creata una «task force» che «formulerà proposte sulle azioni da intraprendere al riguardo», ha spiegato il documento Bce. In aggiunta, «le concentrazioni delle esposizioni in settori come quello immobiliare saranno sottoposte a controlli di vigilanza più stringenti. Un altro aspetto connesso al credito è l’attuazione dello standard internazionale di rendicontazione finanziaria Ifrs 9. Un’analisi tematica valuterà il potenziale impatto dell’Ifrs 9 sulle prassi di accantonamento delle banche e come queste si stanno preparando alla sua introduzione». A capo del gruppo di lavoro sul credito è stata posta l’irlandese Sharon Donnery (un incarico che Danièle Nouy, responsabile della vigilanza Bce, aveva reso noto in un’intervista il 22 ottobre). La task force è un organo differente rispetto al Consiglio di Vigilanza (guidato da Nouy) e quest’ultimo è l’unico a poter prendere decisioni sulle banche.

La task force ha avviato i lavori chiedendo ad alcune banche europee (quindi non solo italiane) informazioni sulle procedure di gestione dei prestiti dubbi. Si tratta di un questionario tecnico con una semplice richiesta di informazioni su processi e metodologie di gestione dei non performing loans. Nessuna nuova azione è stata discussa finora nel Consiglio di Vigilanza. Il fine dell’analisi è soltanto quello di migliorare le pratiche delle banche. Una valutazione tecnica potrebbe arrivare verso fine anno. Ma queste analisi non imporranno maggiori accantonamenti o addirittura aumenti di capitale. Allo stesso modo Bce e Bankitalia stanno raccogliendo altri dati sulle sofferenze, ma l’attività non ha nulla a che fare con richieste di coperture aggiuntive. Queste, ipoteticamente, potrebbero arrivare in seguito alla normale attività del Consiglio di Vigilanza, che si realizzerà anche attraverso ispezioni (che sono strumenti ordinari di supervisione). Si vedrà come si concluderanno le verifiche annuali (il rischio di credito è da sempre al centro dell’attenzione della vigilanza e lo sarà anche nel 2016), ma al momento non c’è motivo di prevedere una nuova stretta sugli accantonamenti delle banche italiane. Al contrario, va ricordato che gli istituti del Paese si sono rafforzati negli ultimi anni e si trovano per molte ragioni in una situazione più favorevole rispetto a qualche anno fa.

Le banche hanno svalutato in modo massiccio i crediti deteriorati, hanno aumentato i tassi di copertura e completato aumenti di capitale per decine di miliardi di euro (come noto, senza utilizzare capitali pubblici, al contrario di quanto accaduto in molti Paesi europei). Lo stock di crediti deteriorati è elevato, ma si sta stabilizzando dopo anni di aumento. L’economia italiana è tornata a crescere, seppure in modo debole. Inoltre gli istituti sono già stati sottoposti a una vigilanza estremamente rigorosa, in particolare sui rischi di credito (mentre non c’è stata altrettanta severità finora su titoli tossici e derivati). I gruppi italiani hanno svolto un’asset quality review e uno stress test. Dopo questi esami e dopo continue ispezioni, la Banca Centrale Europea conosce in modo approfondito i bilanci delle banche italiane: non saranno le informazioni contenute in un questionario a cambiare lo scenario di base, che è ben noto ai supervisori. La confusione ha però scatenato, solo in Italia, una bufera sui mercati che ha avvantaggiato soltanto i professionisti del trading. Altri Paesi, i cui sistemi bancari hanno mostrato vulnerabilità ben più gravi, come dimostrano i salvataggi pubblici per decine di miliardi, hanno vissuto una giornata tranquilla.

Su richiesta Consob ieri a mercati chiusi Montepaschi, Carige, Banco Popolare, Unicredit  e Banca Popolare dell’Emilia-Romagna  hanno detto di aver avuto la richiesta di dati da parte della Bce, mentre tutte le altre banche hanno chiarito di non aver ricevuto comunicazioni.

(Pubblichiamo questo articolo uscito sul quotidiano Milano Finanza diretto da Pierluigi Magnaschi grazie all’autorizzazione del gruppo Class Editori)
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