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Unicredit, Mps, Carige. Come evitare l’abisso

La tempesta perfetta sulle banche italiane è costituita da:

– Bail in dei creditori subordinati delle piccole banche smembrate.

– Spostamento arbitrario in Portogallo di alcune emissioni dalla “good bank” del banco Espirito Santo (Novobanco) alla bad bank.

– lo scontro Italia-Unione europea sulle regole per la costituzione della Bad Bank italiana.

– la goffa richiesta di informazioni da parte della Bce ad alcuni istituti sui non performing loan di alcuni istituti.

– l’ondata di risk adversion che si è abbattuta sui mercati in quest’inizio 2016 ha demolito il settore bancario italiano e causato panico tra gli investitori e il retail, creando i presupposti per una corsa agli sportelli, se il problema non verrà affrontato in tempi stretti. A questo punto, calcoli sull’effettiva copertura delle sofferenze nei vari istituti hanno una rilevanza decrescente, a fronte del deterioramento derivante dalla potenziale crisi di fiducia.

Quel che serve, a mio modo di vedere è:

1) un rapido chiarimento sui termini a cui le banche che lo necessitano potranno sgravarsi dei non performing loan. Questi termini non debbono essere troppo premianti per gli istituti, ma nemmeno possono essere determinati da quello che il mercato valuta – ora – questi asset. Una bad bank che valuta gli asset a mercato aggiunge solo un intermediario, con i relativi costi, al loro approdo agli investitori dedicati. O la rende un’entità dedita al profitto, cosa che non dovrebbe essere.

2) Una volta definito il punto uno, serve una seria strategia di aggregazione di questi istituti, in modo da renderli più efficienti, e stoppare un eventuale inizio di corsa agli sportelli. Un compito assai più facile, una volta che i bilanci sono stati ripuliti, a un costo, dagli asset.

Vediamo se il panico di questi giorni produrrà, come successo più volte in passato, il miracolo di stimolare progressi su questo importante fronte.

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