Abbiamo incontrato duecento neo diciottenni delle superiori milanesi in alternanza scuola lavoro. Ieri. Il 19 febbraio 2016, data che verrà per sempre ricordata. Abbiamo appreso, in massa, infatti la scomparsa di Umberto Eco. Lo abbiamo appreso in internet. Un ambiente virtuale di cui Eco aveva bassissima stima, ma paradosso ulteriore sul quale era osannato. Perché internet altera i giochi di forza a volte, per certi versi modifica anche le sue griglie scrupolose nelle quali egli inquadrava ognuno di noi. La parola, o sarebbe meglio ricordare il significato e significante, in bocca agli “attanti” qualunque. Certe materie che ho studiato con fatica, a lui così care, la fatica di chi crede ancora nonostante Eco a “cultura alta e cultura bassa”. Umberto Eco è entrato a far parte della vita accademica di tutti quelli che conosco. Siano essi docenti universitari o studenti, nella mia facoltà vi era persino il corso obbligatorio su “Come si fa una tesi di laurea” anzi non ricordo come mai io lo abbia scampato. Credo avessi già troppi crediti. Certamente ne ha risentito la mia tesi. Che infatti il presidente di commissione non esitò a definire un lavoro di grande pregio con due difetti:
“Troppo giornalistico e troppo sindacale”.
La tesi uscì come libro “Non siamo figli controfigure” nel 2010.
Oggi che sono vicedirettore di Job il magazine della Cisl di Milano capisco che quei due difetti erano davvero già marcati, e mi chiedo chissà se Eco poteva farci qualcosa; per correggermi, si intende. Intanto il sindacato che ieri dal pubblico ha ascoltato gli ospiti scelti con gli studenti è stata una immagine bellissima del Paese che è migliore quando fa rete. Il ministero del lavoro, il servizio pubblico, il primo quotidiano nazionale, 16 scuole, il primo dipartimento innovazione di un sindacato, tutti sotto l’#hasthtag degli studenti #alternanzascuolalavoro perché la #rivoluzioneculturale inizia sempre da uno sguardo.
Abbandoniamo lo studente che ero e arriviamo agli studenti che hanno organizzato con il dipartimento innovazione della Cisl l’incontro alla Triennale di Milano. Loro mi chiedo, sono apocalittici o integrati, i nativi digitali così diversi dal prof Eco, non hanno avuto lo stesso “millennio di riferimento”. La mia generazione lo stimava. La mia generazione del boom in comunicazione lo considerava anche un po’ il padre di un pezzo nuovo dell’Università. Sì perché nei suoi sogni giovanili l’Università andava democraticamente cambiata. Forse però è poi è sfuggito tutto di mano.
Tutti stanno scrivendo del loro “Umberto Eco”, un suo collega oggi ha scritto su facebook: “Un grosso “mio” personale inchino nei confronti di chi dicendo di Umberto Eco riuscirà a non dire di sé”.
Umberto Ego sia.