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Perché l’Austria borbotta contro Angela Merkel sui profughi

germania, merkel

Vienna da qualche mese ha assunto un ruolo di rottura verso la politica dell’accoglienza avviata a fine estate da Berlino. Ora chiede di essere risarcita per una parte dei profughi che ha accolto l’anno scorso. All’inizio dell’anno Vienna ha stabilito un tetto massimo annuale di profughi che l’Austria può accogliere. A fronte di una popolazione di 8,4 milioni di abitanti, è stata stabilita la cifra di 35mila persone. L’anno scorso il Paese ha però accolto 90 mila profughi, dunque 55mila in più rispetto alle proprie possibilità. Per questo Vienna chiede ora all’Ue un risarcimento di 600 milioni di euro. La richiesta, scrive il quotidiano austriaco Kurier, sarebbe stata inoltrata all’Ue dal ministro delle Finanze austriaco, Hans Jörg Schelling, del partito popolare Övp.

Come in Germania, anche l’Austria è governata da una grande coalizione. Diversamente da Berlino, però, a Vienna il partner di maggioranza sono i socialdemocratici della Spö. Ma diversamente dalla Germania, dove la Kanzlerin Angela Merkel continua ad avere in mano il timone della politica sui rifugiati (e questo nonostante i cristiano sociali remino contro, nonostante il capo della Csu Horst Seehofer si sia recato settimana scorsa in visita da Putin – con il benestare di Merkel e del ministro degli Esteri, il socialdemocratico Frank-Walter Steinmeier, come Seehofer stesso si è affrettato a far sapere – e nonostante il calo dei consensi di Merkel tra i connazionali) in Austria il cancelliere socialdemocratico Werner Faymann sembra perdere sempre più voce in capitolo. Ancora in settembre Faymann si mostrava volentieri a fianco di Merkel, sosteneva attivamente la sua politica di accoglienza dei profughi e ripeteva davanti a ogni microfono: “L’Austria non chiuderà le frontiere, non contingenterà l’ingresso dei profughi”.

Nel frattempo la posizione della piccola repubblica alpina è però molto cambiata. Oggi più che la voce di Faymann si sente quella della sua ministra degli Interni Johanna Mikl Leitner dell’Övp. A fine gennaio è stata Mikl-Leitner a dichiarare che i greci dovrebbero far entrare in azione la loro marina militare per bloccare l’arrivo dei profughi. Sempre sua l’idea di istituire al confine austro-tedesco zone di transito, dalle quali d’ora in poi possono transitare solo i profughi che intendono chiedere asilo in Germania. Ed è sempre stato un popolare, il ministro degli Esteri Sebastian Kurz, a proporre durante il recente vertice dei ministri degli Esteri Ue ad Amsterdam, di bloccare i profughi sul confine della Macedonia e della Serbia, qualora i greci continuassero a dimostrarsi incapaci di proteggere le loro frontiere. Il blocco dovrebbe avvenire per mezzo delle forze di sicurezza nell’ambito dell’operazione Frontex, e se ciò non venisse accordato da Bruxelles, allora entrerebbe in azione una coalizione di volenterosi. Una proposta che non è affatto piaciuta al connazionale nonché compagno di partito di Kurz, Johannes Hahn, commissario Ue per l’allargamento e la politica di vicinato. Hahn ha messo in guardia dal perseguire politiche nazionali o di un gruppo di paesi. L’idea di bloccare i profughi al confine macedone, sembra trovare infatti il consenso dei  paesi appartenenti al gruppo Visegrad: Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia e Ungheria. Già fine estate alcuni di loro avevano mandato loro forze di sicurezza per aiutare l’Ungheria a erigere la cortina di ferro lungo la frontiera ungherese.

Cosa ne potrebbe essere delle persone bloccate tra la Grecia e la Macedonia a Vienna non sembra importare più di tanto e nemmeno il fatto che in questo modo la Germania rischia di essere sempre più isolata e di ritrovarsi con il cerino dei profughi in mano.

Un cerino che potrebbe farsi ancora più incandescente con l’ultima sortita di Vienna: quella appunto della richiesta  di rimborso di 600 milioni di euro. L’idea potrebbe infatti piacere anche ad altri Paesi. Per esempio la Svezia e la Danimarca, che hanno recentemente ripristinato i controlli alle frontiere perché non più in grado di accogliere altri profughi e, come ha fatto sapere la Svezia, garantire loro una accoglienza dignitosa.

Secondo uno studio appena pubblicato dall’organizzazione per lo sviluppo Oxfam la Danimarca contribuisce con il 318% di quanto dovrebbe in aiuti finanziari alla crisi Siriana, la Svezia con il 142% e la Germania con il 152%. L’Austria invece con appena il 53% (l’Italia con il 39%). Vienna potrebbe dare dunque il via a un nuovo grattacapo per Bruxelles, che al momento ne ha già abbastanza. Ma ancora più importante dei grattacapi di Bruxelles è la sorte delle persone in pericolo. A Londra si è appena tenuto il vertice sui paesi donatori per l’emergenza profughi e la ricostruzione della Siria. Sul confine siriano turco si sono intrappolati in migliaia in fuga dalle bombe che cadono su Aleppo. Intanto, in Europa, volano gli stracci e si fanno i conti della serva.


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