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Vi spiego come smaltire le sofferenze senza soffrire

La sistemazione delle sofferenze bancarie italiane, che hanno superato il valore di 200 miliardi di euro, al lordo delle svalutazioni già spesate, riguarda il complesso dell’economia italiana. Ridurlo ad un problema solo finanziario, da risolvere accelerando la liquidazione dei beni dati in garanzia alla banca, ovvero qualsiasi altra proprietà del debitore in default, significa sottovalutare la gravità della situazione.

C’è di peggio. È assolutamente fuorviante anche il paragone con la situazione delle banche tedesche o francesi, che pure ricevettero consistenti aiuti di Stato negli anni passati. Queste banche erano state coinvolte nel crack di Wall Street del 2008, e le loro perdite riguardavano unicamente i titoli su cui avevano investito: le economie e le famiglie tedesche non erano minimamente responsabili di questo tracollo. Mentre le sofferenze bancarie tedesche e francesi avevano quindi una matrice finanziaria, e soprattutto una origine esogena, le sofferenze bancarie italiane hanno una origine endogena, ed una matrice economica, essendo state indotte dalla lunghissima recessione causata dalle misure fiscali adottate dai governi sin dalla metà del 2001. Il debito pubblico è aumentato invece di diminuire, e sono andati alle stelle i disoccupati, i fallimenti e le sofferenze bancarie.

In secondo luogo, va rilevato che nel caso dello smaltimento delle sofferenze bancarie tedesche e francesi, non c’era alcunché da cartolarizzare, ed ancor meno da liquidare, perché i titoli su cui avevano investito, e che erano risultati privi di valore, erano essi stessi frutto di cartolarizzazioni ed illiquidi sul mercato.
Nel caso delle sofferenze in pancia alle banche italiane, si fa poi un gran discutere della necessità di accelerare i tempi delle procedure giudiziarie esecutive al fine di dare maggior valore ai crediti da liquidare. Basta leggere le statistiche delle sofferenze lorde, per capire quali sono le garanzie escutibili: le famiglie consumatrici sono esposte per 33,9 miliardi di euro, di cui 20,2 miliardi assistite da garanzie reali. Valgono ben 14 miliardi di euro le sole sofferenze dei prestiti erogati alle famiglie per l’acquisto di immobili. Le famiglie produttrici hanno altre sofferenze per 15,6 miliardi, di cui 7,6 assistiti da garanzie reali. Il settore non finanziario ha 153,7 miliardi di sofferenze, di cui 65 assistiti da garanzie reali. In questo ambito, il settore dell’edilizia ha sofferenze per 43 miliardi, di cui 23,7 assistiti da garanzie reali.

Chi pensa di vendere all’incanto questa enorme mole di immobili trascura tre fatti: non esiste un mercato in grado di assorbire gli asset messi in vendita; la accelerazione delle vendite in massa determinerà un ulteriore collasso dei prezzi; si riducono di conseguenza i valori delle garanzie immobiliari sui crediti in bonis, che dovranno essere conseguentemente reintegrate. Più probabilmente, le banche chiederanno direttamente il rientro: un’altra tegola sulle imprese.

Una liquidazione forzata ed accelerata di una così imponente massa di sofferenze bancarie determinerebbe una nuova crisi economica e finanziaria. Né vanno trascurate le conseguenze sociali e politiche: per far ballare il governo, a dicembre, è bastato il suicidio di un risparmiatore che aveva perso tutto nel fallimento della banca di cui aveva sottoscritto le obbligazioni. È inimmaginabile lo sconvolgimento che sarebbe determinato dalla spoliazioni di milioni di cittadini, quanti sono quelli coinvolti dalle situazioni creditorie in sofferenza. Sono un milione e 240 mila persone coinvolte, di cui 758 mila per importi che vanno da 250 a 30 mila euro. Basterebbe una sola persona che, per via di qualche rata di mutuo scaduta e l’appartamento venduto per un tozzo di pane, si getti dalla finestra per disperazione dopo essersi barricata per opporsi alla forza pubblica chiamata a sgomberarlo.

Occorrono soluzioni molto diverse da quelle immaginate finora, articolate a seconda delle principali categorie di sofferenze, e soprattutto sagomate sulla peculiarità della situazione italiana attuale.

Per quanto riguarda le famiglie in difficoltà con il pagamento dei mutui, occorre evitare di svendere l’immobile su cui grava l’ipoteca della banca e mandarla in mezzo ad una strada: la soluzione è quella di costituire un Fondo posto sotto la vigilanza dello Stato che contratti con il debitore il rimborso del mutuo residuo alla banca in cambio della acquisizione della nuda proprietà dell’immobile. Il proprietario rimarrebbe usufruttuario a vita, con la possibilità di riscattare la nuda proprietà attraverso un nuovo mutuo. I vantaggi finanziari, economici e sociali di questa ipotesi sono evidenti: il Fondo si finanzierebbe sul mercato all’ingrosso, a fronte di un diritto di proprietà, per rilevare la sofferenza bancaria.

Per quanto riguarda le sofferenze del settore dell’edilizia e dell’immobiliare, si dovrebbe utilizzare un meccanismo analogo: il Fondo per l’edilizia sociale potrebbe acquisire in blocco dalle varie banche quanto è stato realizzato per finalità abitative, sollevandole dalle sofferenze e quindi acquisendo un consistente patrimonio alla metà del valore di mercato. Considerato il prezzo pagato, anche un canone di affitto estremamente esiguo sarebbe assai remunerativo e renderebbe praticabile la emissione di obbligazioni sul mercato che andrebbero a finanziare l’operazione. Sarebbe un modo per avviare un modello di welfare attivo, attento a chi ha perso il lavoro, ai giovani precari, molto più concreto di un reddito di cittadinanza da finanziare con nuove tasse.

Rimane da affrontare il problema più grave, quello delle sofferenze del settore produttivo. La vera crisi è concentrata in poco meno di sei mila casi, che riguardano le sofferenze per importi superiori a 5 milioni di euro, la cui consistenza complessiva è di 67 miliardi di euro, circa il trenta per cento del totale. È da qui che deve partire il recupero degli asset imprenditoriali, mentre ben poco ci sarebbe da spremere con le procedure fallimentari. Il rilancio dell’economia va guidato dagli investimenti pubblici e di interesse collettivo nel campo ambientale, dei rifiuti, delle energie rinnovabili, dei trasporti metropolitani e di hinterland, della riorganizzazione delle amministrazioni e dei servizi pubblici locali: solo attorno a questo processo le imprese torneranno a crescere. La prioritaria risoluzione in blocco delle sofferenze bancarie nei confronti delle famiglie, dell’edilizia e dell’immobiliare consentirebbe alle banche di riaprire velocemente i cordoni del credito.

Bisogna costruire il futuro, finanziariamente solido, economicamente dinamico, socialmente equo: rottamare le sofferenze bancarie non basta.


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