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Caro Renzi, vogliamo mettere gli studenti al centro della scuola?

Di Giorgio Zucchelli

“I soldi seguono i ragazzi.” Lo dicono gli inglesi, l’ha ripetuto Claudio Gentili, vicedirettore Innovazione ed Education della Confindustria, al convegno Il diritto di apprendere, Nuove linee di investimento, organizzato al 39° piano del Palazzo della Regione Lombardia, lunedì 25 gennaio. Moderatore Luigi Amicone, direttore del settimanale Tempi; protagonisti l’assessore all’Istruzione, Formazione e Lavoro della Regione Lombardia Valentina Aprea, e i tre autori del volume che porta il titolo del convegno stesso: suor Anna Monia Alfieri, esperta di politiche scolastiche e gestore di scuole paritarie; Marco Grumo, professore di Economia e Management delle Organizzazioni no profit dell’Università Cattolica; e Maria Chiara Parola, dottore commercialista e presidente dell’associazione A.M.A.

Lo slogan inglese sintetizza quanto illustrato nel saggio che è stato presentato in Regione, con il quale si dimostra che l’applicazione del costo standard di sostenibilità nella scuola italiana farebbe risparmiare allo Stato ben 17 miliardi di Euro: “Per mettere lo studente veramente al centro del sistema scolastico – ha affermato Grumo – occorre sperimentare un sistema di finanziamento mediante il quale la scuola (statale e paritaria) riceverà un finanziamento in funzione del numero degli studenti che essa sarà veramente in grado di accogliere.”

È una svolta che mette a tacere anche l’ideologia. Pesante fardello a causa del quale in Italia – ha detto il moderatore Amicone, aprendo la serata – “non c’è ancora il diritto di scuola libera.”

“Il nostro libro – ha aggiunto la dott. Parola – dà una risposta scientifica al problema: propone un sistema che può dare davvero la possibilità di scelta educativa, anzi. Applicandolo si risparmia sulla spesa attuale. Allora, se da parte della legislazione non vi sono ostacoli, se addirittura si risparmia, perché non si lo applica? Perché gli occhiali sono ancora appannati dall’ideologia!”

L’assessore Aprea, da parte sua, ha sottolineato come “lo Stato non deve farsi gestore degli istituti scolastici. Proprio per questo non abbiamo ancora ottenuto in Italia la parità economica tra scuole pubbliche statali e paritarie. La Lombardia – ha aggiunto – ha percorso una strada diversa. Con la dote scuola ha fatto una scelta di pluralismo educativo. Noi riconosciamo a tutte le scuole lo stesso valore.”

Appassionato l’intervento di suor Monia Alfieri, presidente della Fidae Lombardia, che si batte da anni per la vera parità scolastica, compresa quella economica, dopo l’inserimento delle scuole non statali nel sistema pubblico d’Istruzione con pari diritti e doveri di quelle statali, da parte della legge 62/2000.

“Questo libro – ha detto – è il frutto della disperazione, nei confronti dell’ideologia imperante”. E ha sottolineato “come la Costituzione già nel 1948 dichiarasse quanto noi stiamo dicendo oggi sui diritti della famiglia nella libertà di educazione e di scelta della scuola. Ma purtroppo ancora oggi la famiglia non può farlo: non le è data la possibilità, perché chi sceglie le scuole paritarie è economicamente discriminato.”

La legge della Buona Scuola (107/2015), secondo suor Monia, inguaribile ottimista, contiene aperture positive, come la detrazione fiscale per le famiglie che iscrivono i figli alla non statale, anche se si tratta ancora di pochissimi soldi. Ma tuttavia è affermato un principio che domani potrebbe avere sbocchi interessanti.

Provocatoria la dott.ssa Parola: “Noi genitori – s’è chiesta – pensiamo che questo Paese abbia un futuro alle attuali condizioni? Chi rimarrà in Italia fra venti anni? I giovani se ne andranno e salterà il sistema di welfare. La libertà educativa è una chance per il futuro del Paese, perché noi genitori sceglieremmo le scuole migliori e si attiverebbe una positiva competizione tra le scuole mirata proprio al miglioramento.”

Le ha fatto eco Grumo: “Un sistema scolastico è veramente maturo, se le scuole  agiscono alla pari in un sistema di competizione, se lo studente è al centro, con un suo portafoglio. Vogliamo veramente un sistema moderno? Allora è necessario anche un sistema di finanziamento altrettanto moderno, centrato sullo studente. Senza questo, la riforma scolastica sarebbe ancora incompiuta.”

E ha spiegato dettagliatamente – con supporto di slides – il sistema del costo standard di sostenibilità che potrà favorire la responsabilizzazione delle organizzazioni scolastiche, una più efficace gestione della spesa pubblica, un riqualificazione delle scuole, la realizzazione di una sostanziale libertà educativa.

Ha concluso Claudio Gentili di Confindustria, apprezzando lo studio dei tre esperti perché non è un testo di taglio confessionale, ma costituzionale: in realtà nel sistema scolastico italiano esiste oggi un deficit di Costituzione. È inoltre un testo radicato fortemente nell’Europa e non c’è un approccio di tipo corporativo, ma di efficienza economica.

Tre – secondo Gentili – i nodi da sciogliere: quello ideologico, il freno più grande per attuare la proposta di questo studio, l’assenza di una ricerca scientifica sull’argomento, il pensiero statalista che frena le regioni d’Italia nell’attuare scelte come quelle della Lombardia. E ha portato a paragone la sanità, in particolare lombarda, dove è stato creato un efficiente sistema di rapporto tra pubblico e privato.

Suor Monia Alfieri, ha recentemente inviato una lettera al presidente del Consiglio Renzi, invitandolo non solo a leggere lo studio (condotto su dati forniti dallo stesso Ministero), ma a prenderlo in considerazione. Batterà un colpo?

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