I ‘super delegati’ stanno, com’era scontato, con Hillary Clinton e i repubblicani scendono in campo a soccorso di Bernie Sanders: è un apparente paradosso della campagna elettorale per Usa 2016, dove, inoltre, le donne non votano per una donna.
La presidente del partito repubblicano del New Hampshire, Jennifer Horn, lamenta che sia ingiusto che l’ex first lady e il senatore si siano spartiti i delegati democratici del suo Stato, nonostante Sanders, nelle primarie del 9 febbraio, abbia avuto il 60% dei voti e la Clinton il 39%. Colpa o effetto dei ‘super delegati’, governatori, ‘congressman’, notabili del partito o altri con un posto garantito alla convention: fra i democratici pesano molto di più che fra i repubblicani e, appartenendo spesso all’apparato del partito, stanno in gran parte con la Clinton, lo stesso era già accaduto nell’Iowa e sta accadendo nel Nevada e in South Carolina. La Horn denuncia il sistema come anti democratico – anche se il meccanismo non è certo una novità -, e invita i ‘super delegati’ del suo Stato a cambiare scelta per rispettare le indicazioni degli elettori.
L’aiuto repubblicano a Sanders non è certo la peggiore notizia di questi giorni per la Clinton, anzi, forse non è neppure una cattiva notizia, perché conferma che i repubblicani preferirebbero Sanders come avversario nell’Election Day l’8 Novembre, considerandolo più facile da battere.
Nel fine settimana, il Dipartimento di Stato ha reso pubbliche altre mille pagine circa di email inviate e ricevute sull’indirizzo privato dalla Clinton quand’era segretario di Stato. È l’emailgate: nelle mille pagine, vi sono 81 messaggi ‘classificati’, ma al più basso livello, nessuna informazione ‘top secret’. Finora, sono state diffuse 45mila pagine di corrispondenza della Clinton, che ne chiede la divulgazione completa per mostrare di non avere mai messo a repentaglio la sicurezza nazionale. La pubblicazione potrebbe essere completata entro fine mese, prima del Super Martedì.
Il generale Michael Flyyn, un ex responsabile dell’intelligence durante l’amministrazione di Barack Obama, già molto critico verso il presidente, sostiene che la Clinton dovrebbe sospendere la campagna per via dell’inchiesta dell’Fbi in corso sull’emailgate: “Fosse accaduto a me, sarei già in prigione”, dice in un’intervista alla Cnn. Flyyn ha offerto in questa campagna la sua consulenza a diversi candidati sia repubblicani sia democratici e alcuni, incluso Donald Trump, l’avrebbero accettata.
Sempre nel fine settimana, una stoccata alla Clinton era venuta da Maureen Dowd, velenosa ed efficace ‘fondista’ del New York Times, che, in un articolo intitolato ‘Quando Hillary uccise il femminismo’, spiegava perché le giovani non votano per l’ex first lady: “Le elettrici – scriveva la Dowd – guardano a Hillary come a un candidato e non come a un imperativo storico”, per cui il posto le sarebbe dovuto ed “è tempo per le donne di votare una donna”. La Dowd ripercorre le vicende pubbliche e private dei Clinton negli Anni Novanta: “Le giovani oggi viaggiano su binari diversi e non apprezzano i Clinton che si ergono sopra le regole”.
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