Hillary Clinton vince le assemblee del Nevada fra i democratici. Donald Trump fa sue le primarie nella South Carolina fra i repubblicani. Esce di scena Jeb Bush, che, dopo un risultato deludente, decide di abbandonare la corsa alla nomination. Ora, c’è poco tempo per riflettere sui risultati: martedì 23 sarà già tempo di assemblee per i repubblicani nel Nevada; sabato 27 di primarie per i democratici nella South Carolina; e il Super-Martedì incombe il 1° marzo, con una dozzina di Stati al voto e quasi un quarto dei delegati alle conventions in palio.
Nel Nevada, la Clinton ha superato il 52% (e ha avuto 19 delegati) e il suo rivale Bernie Sanders è rimasto al di sotto del 48% (con 15 delegati): per l’ex fist lady, è stato un successo ‘scaccia crisi’, dopo la batosta subita nel New Hampshire (nel 2008, però, l’ex first laday vinse in Nevada e perse la corsa).
I sondaggi della vigilia prevedevano un testa a testa, in questo Stato grande quasi come l’Italia e con meno di tre milioni di abitanti, dove i ‘latinos’ e le minoranze hanno molto peso. S’è votato anche in casinò di Las Vegas, la capitale d’America del gioco e la città più importante dello Stato.
Dopo il successo, l’ex first lady è parsa raggiante. Sanders ha ben presto riconosciuto la sconfitta, esprimendo, però, orgoglio per quanto finora fatto.
Nella South Carolina, grande come un quarto dell’Italia, con quasi cinque milioni di abitanti, Trump lo showman s’è imposto come da pronostici con circa il 33% dei suffragi, razziando i 50 delegati, davanti ai senatori della Florida Marco Rubio (22,5%) e del Texas Ted Cruz (22,3). Sotto il 10% tutti gli altri: l’ex governatore della Florida Jeb Bush (7,8%), il governatore dell’Ohio John Kasich (7,6%) e il guru nero Ben Carson (7,2%).
Se Jeb s’è ritirato, rendendo definitivamente errati i pronostici dell’estate scorsa, su un remake 2016 delle elezioni 1992 Clinton contro Bush (allora Bill Clinton, il marito di Hillary, contro George H. Bush, il padre di Jeb), Kasich e Carson restano in corsa, E Kasich vuole contendere a Rubio il ruolo di candidato dei moderati e dell’establishment repubblicani.
Il risultato della South Carolina, però rafforza Rubio, mentre indebolisce Cruz come alternativa iper conservatrice ed evangelica al ciclone Trump, che sembra essersi addirittura avvantaggiato dallo scontro con Papa Francesco in uno Stato dove i cattolici sono una minoranza e sono invece forti i fondamentalisti protestanti, decisamente ostili a questo pontefice progressista.
Dopo la vittoria, Trump ha anzi rilanciato i temi della polemica: il muro anti immigrati si farà, anche più alto, e il Messico pagherà per costruirlo. “Mi prenderò pure i voti di Bush”, ha detto, comparendo davanti ai suoi fan con la moglie e la figlia. Il magnate continua a raccogliere migliaia di fan ai suoi comizi e a ‘bucare’ sui media con le sue sortite provocatorie, che catalizzano la rabbia e la frustrazione dell’elettorato repubblicano.
Anche a urne aperte, ne ha lanciato un paio. Ha criticato il presidente Obama per non essere andato ai funerali del giudice conservatore della Corte Suprema Antonin Scalia: “Mi chiedo se il presidente avrebbe partecipato se fossero stati in una moschea”, ha scritto in un tweet, riferendosi alla recente e prima visita di Obama a una moschea americana. E, in spregio all’Islam, ha narrato che il generale John Pershing avrebbe sparato contro insorti integralisti nelle Filippine all’inizio del Novecento proiettili immersi nel sangue dei maiali, animale che i musulmani e altri gruppi religiosi ritengono impuri.
Per ulteriori approfondimenti sulle elezioni presidenziali americane, clicca qui per accedere al blog di Giampiero Gramaglia, Gp News Usa 2016