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Cosa pensa il presidente dei settimanali cattolici del ddl Cirinnà

“Imparare ad accogliere il proprio corpo, ad averne cura e a rispettare i suoi significati è essenziale per una vera ecologia umana. Anche apprezzare il proprio corpo nella sua femminilità o mascolinità è necessario per poter riconoscere sé stessi nell’incontro con l’altro diverso da sé”. Pertanto, “non è sano un atteggiamento che pretenda di cancellare la differenza sessuale perché non sa più confrontarsi con essa”. Sono queste parole di Papa Francesco, contenute al punto 155 dell’enciclica Laudato Si’, che Francesco Zanotti richiama quando gli si chiede un commento sul ddl Cirinnà in votazione al Senato. Cinquantasei anni il prossimo marzo, romagnolo d’adozione e direttore del settimanale diocesano Corriere Cesenate, Zanotti è presidente della Federazione italiana settimanali cattolici (Fisc), organizzazione che riunisce 192 giornali di 160 diocesi differenti e che tutti insieme ogni settimana sfornano circa 1 milione di copie.

Zanotti, il dibattito attorno al ddl Cirinnà sulle unioni civili omosessuali è arrivato al capolinea. Siamo alla fase del voto. Ritiene che sia una legge da bocciare?

Proprio qualche settimana fa Papa Francesco ha ricordato che “Non può esserci confusione tra la famiglia voluta da Dio e ogni altro tipo di unione”. Per questo non possiamo che respingere l’equiparazione delle unioni civili tra omosessuali al matrimonio tra un uomo e una donna, così come non possiamo che respingere la stepchild adoption che incentiverebbe l’utero in affitto, una sorta di nuova schiavitù. A tal proposito, richiamo il numero 155 della Laudato Si’ dove il Pontefice spiega che non è sano cancellare la differenza sessuale. Questa non è un’enciclica ecologica come molti vogliono fare intendere leggendola soltanto per slogan che ne forniscono una lettura fuorviante; è un’enciclica sociale. Il Papa stesso al suo interno ricorda come tutto sia collegato: non si può ragionare di tutela dell’ambiente se non c’è un’ecologia umana. Se va rispettato l’ambiente, se vanno rispettati gli animali e le piante, va rispettato innanzitutto l’uomo fatto a immagine e somiglianza di Dio. C’è un dato naturale che va difeso e rispettato. Per tale motivo, i figli non sono un diritto, semmai un dovere. Anzi, meglio ancora: i figli sono un dono da accogliere.

Il mondo cattolico potrebbe accontentarsi dello stralcio della stepchild adoption (art.5) dal ddl Cirinnà oppure il ddl va bocciato per intero?

Dalla piazza del Family Day è emerso un messaggio chiaro: no secco al disegno di legge. A Radio Vaticana ho dichiarato che per ogni persona presente al Circo Massimo, se ne dovevano contare almeno altre 10/20 rimaste a casa. Io stesso non sono potuto andare per un impegno a Pavia preso da un anno e che non è stato possibile rimandare. La contrarietà al ddl Cirinnà non si limita però all’adozione del figlio del partner ma riguarda anche la sostanziale equiparazione al matrimonio. Se questa venisse confermata, come sarebbe possibile impedire l’adozione? D’altronde, tra le finalità del matrimonio c’è proprio la crescita dei figli. Detto ciò, il rispetto e l’accoglienza verso le persone vanno sempre garantiti a tutti, nessuno escluso. Mi creda, in ormai 56 anni non ho mai visto nessuno venire allontanato dalle nostre comunità cristiane per qualsiasi motivo. Anzi, ho sempre visto accogliere chiunque.

Che idea s’è fatto del Family Day?

E’ stata una gran bella manifestazione di laici. E per me, che sono un laico, ha un valore doppio sapere che dei laici si siano mossi e l’abbiano organizzata in appena 15 giorni portando tutte quelle persone in piazza.

La Cei però non ha dato l’appoggio ufficiale…

Si è trattato di una manifestazione nata e promossa nel solco del Concilio Vaticano II, come sottolineato in quei giorni dal presidente della Cei, il cardinale Angelo Bagnasco.

In questo senso, i due Family Day tenutisi a giugno e gennaio sono stati una vera novità nel panorama cattolico. Un segno dei tempi?

Rappresentano una novità molto positiva. Ribadisco: i laici cristiani devono prendersi le loro responsabilità. Da direttore di un giornale di ispirazione cattolica mi devo prendere le mie responsabilità. Di fronte al rischio che venga compromesso il dato naturale, occorre agire; non è una questione religiosa, qui si parla di famiglia naturale e non tradizionale. Il matrimonio non l’ha istituito il Cristianesimo, basti pensare a quando Gesù è andato alle nozze di Cana… il Cristianesimo poi ha elevato il matrimonio a sacramento. Ma per dire e testimoniare queste evidenze, sia sui giornali che in piazza, i laici agiscono per la loro responsabilità. L’esperienza cristiana è quella di una fede incarnata, che si coinvolge con la vita.

Che ruolo svolgono i 192 settimanali diocesani italiani nel portare avanti queste battaglie culturali?

I nostri sono giornali diocesani di informazione generale; è chiara l’appartenenza e gli argomenti trattati sono tutti quelli che riguardano l’uomo, perché il Cristianesimo abbraccia l’uomo nella sua totalità. Sappiamo che l’informazione forma le coscienze, quindi in un certo modo noi formiamo informando, nel tentativo di leggere la realtà alla luce del Vangelo. Da cattolici che fanno i giornalisti, non possiamo non raccontare attraverso il nostro mestiere l’incontro con Cristo accaduto nella nostra vita.

Papa Francesco ha radicalmente cambiato il modo di comunicare della Chiesa. Anche per voi comunicatori cattolici…

Le parole del Papa non hanno bisogno di ermeneutica, sono già molto chiare e spesso anche lapidarie. Non c’è esegesi da fare. Il nostro compito, all’interno dei territori in cui siamo, è quindi quello di diffondere la sua Parola così com’è, già di per sé rivoluzionaria per la capacità che ha di raggiungere il cuore di tutti.


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