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Cosa penso del manifesto di Fortis anti rating. Parla Guido Gentili

Un manifesto proprio no, “perché ce ne sono tanti in giro e poi alla fine non servono quasi a nulla”, ma discutere delle cause tutte italiane del perché le agenzie di rating non alzano la valutazione sul nostro Paese nonostante le riforme del governo, questo sì – per Guido Gentili, già direttore del Sole 24 Ore e oggi apprezzata firma del quotidiano di Confindustria – “è giusto aprire una riflessione partendo però dai dati della crescita italiana che sono oggettivamente deludenti e destinati a ripercuotersi in vista del verdetto di maggio sul confronto tra Roma e Bruxelles sulla flessibilità e sul progetto di bilancio per il 2017”.

Il prof. Fortis in una intervista a Formiche.net ha sostenuto che è scandaloso che Italia abbia un rating simile alla Romania, serve più rispetto…

E’ vero, come è vero però che abbiamo un debito pubblico enorme e la crescita che continua ad essere troppo bassa rispetto anche alle attese del governo. È indubbio che questa “percezione” esiste e fa restare più che guardinghe le agenzie di rating. Prevale la prudenza. È come se fossimo ancora poco credibili nonostante in questi due anni un cambio di passo ci sia stato, basta guardare alla riforma del Jobs act che è stata molto apprezzata all’estero.

Ma meriteremmo più attenzione anche per via delle “ricchezze private” che ci rendono più solidi, alla stregua di Svezia e Gran Bretagna, dice Fortis.

Mah, cosa significa? Se vuol dire che questo è il serbatoio su cui attingere magari attraverso una patrimoniale allora meglio di no, grazie. Sarebbe l’ultima della sciocchezze. Le tasse le dobbiamo abbassare e non alzare.

Come se ne esce?

Le agenzie di rating, e non solo, vogliono vedere i fatti. Non basta annunciare le riforme, ma bisogna farle. Non credo alla teoria dei complotti dei mercati. Purtroppo abbiamo un “percepito” negativo che riguarda proprio la storia del nostro Paese che spesso si è impegnato, da un premier all’altro, a fare promesse che poi non sono state mantenute.

E l’idea di creare un’Agenzia di rating europea?

Ricordo che ne hanno parlato sia l’allora presidente francese Nicolas Sarkozy che Angela Merkel, durante proprio la grande crisi dei debiti sovrani, poi non se ne è fatto nulla. Su questo terreno l’Europa si è dimostrata davvero pigra e poco reattiva. Potrebbe essere una strada a condizione però di non creare un’agenzia di comodo ma che sappia davvero stare sul mercato, indipendente. Non mi sembra comunque una cosa immediata e di facile attuazione.

Magari allora si potrebbe partire dal paper che Renzi e Padovan hanno portato in Europa?

E’ un paper, non è una tavola della legge. C’è un’enfasi maggiore sul tema della crescita, è comunque un documento di carattere generale, anche sulla questione dell’unione bancaria e sulle garanzie comune dei depositi, ma non mi sembra che sia di rottura, di vero cambiamento.

Al punto che Renzi si è accodato anche all’ipotesi di un super ministro europeo delle finanze…

Attenzione, il governo ha aperto all’idea di un ministro unico che abbia alle spalle però il bilancio vero della comunità europea e, questo, sappiamo che non esiste. Non accetteremo mai invece l’ipotesi di una sorta di “guardiano dei conti”.

Si torna sempre al tema delle banche, quindi. Pensa sia realistica l’ipotesi di una proroga per il bail in come auspicato da Visco?

La risposta su questo l’ha già data Mario Draghi. Nessuna sospensione. Ha parlato della possibilità nel corso dell’applicazione del “salvataggio interno” di essere particolarmente attenti ma non credo che ci siano oggettivamente le condizioni per rinviare questa partita. Ma anche qui l’Italia si è presentata all’appuntamento davvero poco preparata.

Sempre per quella sorta di “percepito” che ci condanna ad essere poco affidabili…

Esatto. È quello che sto cercando di spiegare. Tutto passa dalla nostra credibilità. Non possiamo dire sì al bail in, sì al fiscal compact e poi quando si è al dunque trovare sempre una scappatoia che sia una sospensione, una moratoria o altro. È per questo forse che le agenzie di rating mantengono i loro dubbi sul nostro Paese e, di certo, non basta un manifesto per far cambiare loro idea. La nostra vera zavorra è la credibilità. Per esserlo quando si dice che “bisogna buttare il cuore oltre all’ostacolo” bisogna farlo davvero. Senza tentennamenti e senza scusanti. Altrimenti saremo sempre “i soliti italiani”.

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