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Ecco le misure del governo per la tutela del lavoro autonomo

Quasi a distanza di 10 giorni il Consiglio dei ministri Italiano vara il DDL sul Lavoro autonomo in coda al Employment and Social Developments in Europe 2015 –del 21/01/2016. Peraltro in contemporanea è in corso la quarta rivoluzione industriale in interazione con altri fattori socio-economici e demografici ben spiegata nel Report del Word Economic Forum “The future of Jobs”, che ci fornisce informazioni specifiche sullo stato di nuove tendenze per tipologia di industria e area geografica, nonché sui tempi previsti per l’impatto di queste sulle mansioni di lavoro, i livelli occupazionali e le competenze che sta creando un cambiamento radicale del modello di business in tutti i settori, con conseguenze importanti per il mercato del lavoro. Nuove categorie di lavori emergeranno, parzialmente o totalmente a scapito di altre.

I bagagli di competenze necessarie in entrambe le professioni vecchie e nuove cambierà nella maggior parte delle industrie e a trasformarsi saranno anche le modalità e il luogo in cui le persone lavorano, influenzando lavoratrici e lavoratori in modo diverso e finendo per influire anche sulle dinamiche legate al genere. L’indagine Occupazione e sviluppi sociali in Europa(ESDE) della Commissione Ue, che trovate quest’anno mette in luce nuovi positivi sviluppi occupazionali e sociali nell’UE. Tuttavia, nonostante recenti miglioramenti, sussistono ancora enormi disparità tra gli Stati membri in termini di crescita economica, occupazione e altri indicatori essenziali sociali e occupazionali. Molte di queste disparità sono collegate al sottoutilizzo del capitale umano su vari fronti: l’analisi esamina i modi di affrontare queste disparità, concentrandosi in particolare sulla creazione di posti di lavoro, sull’efficienza del mercato del lavoro, sulla modernizzazione della protezione sociale e sull’investimento nelle persone. L’indagine ESDE 2015 evidenzia le potenzialità del lavoro autonomo e dell’imprenditorialità nella creazione di posti di lavoro. I dati indicano tuttavia che alcuni gruppi, fra cui i giovani, gli anziani, le donne e le minoranze etniche, possono trovarsi innanzi maggiori ostacoli per avviare un’attività in proprio. La relazione indica inoltre che la maggioranza delle persone non ritiene di possedere le competenze o le conoscenze necessarie per avviare un’attività.

Dall’indagine ESDE risulta che l’adozione di politiche mirate può servire a migliorare la situazione. Tali politiche possono comprendere un accesso più agevole a finanziamenti e incentivi fiscali, l’educazione all’imprenditorialità o l’accesso all’assistenza all’infanzia e alle persone anziane. Una maggiore varietà di contratti di lavoro consente modalità di lavoro flessibili e quindi di aumentare la partecipazione al mercato del lavoro ma può anche comportarne la segmentazione. Mentre alcuni nuovi contratti offrono una situazione potenzialmente vantaggiosa per tutti, altri possono essere fonte di incertezza del lavoro. La flessibilità è importante, ma c’è bisogno anche di sicurezza: questo è un altro problema che sarà affrontato nell’ambito dello sviluppo del pilastro europeo dei diritti sociali. L’UE può fare un uso migliore delle proprie risorse umane attraverso la mobilità. Sebbene nel corso degli ultimi vent’anni il numero dei lavoratori mobili sia aumentato, la loro percentuale sul totale della forza lavoro resta limitata: Solo il 4% dei cittadini dell’UE fra i 15 e i 64 anni vive in uno Stato membro diverso da quello di nascita, eppure i lavoratori mobili dell’Unione tendono ad avere prospettive di lavoro complessivamente migliori rispetto alla popolazione locale. Inoltre, la loro presenza ridotto la disoccupazione in alcuni degli Stati membri più duramente colpiti dalla crisi e ha contribuito a risolvere i problemi della carenza di personale nei paesi di destinazione.

L’indagine ESDE sottolinea quindi chiaramente le potenzialità economiche della mobilità. Si prende in esame anche la disoccupazione di lungo periodo, che colpisce circa 11,4 milioni di persone nell’UE. La lotta contro la disoccupazione di lungo periodo è fondamentale nell’impegno per migliorare l’efficienza del mercato del lavoro, dal momento che i disoccupati di lungo periodo hanno una probabilità dimezzata di trovare un lavoro rispetto a quelli di breve periodo. L’analisi contenuta nell’indagine ESDE mostra che essere registrati presso i servizi pubblici per l’impiego e prendere parte a una formazione aumentano significativamente la possibilità di ottenere un posto di lavoro sostenibile.

La raccomandazione sulla disoccupazione di lungo periodo, adottata dal Consiglio il 7 dicembre 2015, è in linea con tali conclusioni. Infine, il dialogo sociale sarà fondamentale nella promozione di una ripresa economica sostenibile e inclusiva. Le parti sociali sono state coinvolte nell’elaborazione e nell’attuazione di varie importanti riforme e strategie. Perché il dialogo sociale svolga efficacemente il proprio ruolo è necessario rafforzare la capacità delle parti sociali, in particolare negli Stati membri in cui il dialogo sociale è insufficiente o lo è diventato a causa della crisi economica. Sebbene il livello di disoccupazione nell’UE rimanga elevato, i datori di lavoro continuano a incontrare difficoltà a coprire determinati posti vacanti. Oltre ai veri e propri squilibri tra domanda e offerta di competenze, la possibilità di occupare posti vacanti è limitata anche dall’incapacità di offrire retribuzioni o condizioni di lavoro vantaggiose, formazione o opportunità di carriera interessanti. L’indagine ESDE 2015 giunge alla conclusione che esiste una quota significativa dei lavoratori di paesi terzi sotto-occupati rispetto al loro livello di qualifica. L’iniziativa dell’agenda per le nuove competenze che la Commissione sta preparando per l’anno in corso cercherà di affrontare tali sfide. Inoltre, i tassi di occupazione delle donne con bambini e dei lavoratori anziani sono ancora molto bassi.

Promuovere una maggiore partecipazione di questi gruppi al mercato del lavoro sarà cruciale nella prospettiva dell’invecchiamento della popolazione.Dunque in Italia il DDL licenziato dal Consiglio dei Ministri, ha messo mano al lavoro autonomo dimenticato nelle ultime due leggi di Stabilità e nella riforma del lavoro e alle più moderne forme di esecuzione della prestazione lavorativa permesse in particolare dal progresso tecnologico (il c.d. smartworking, nell’articolato normativo diventato “lavoro agile”) a titolo: Misure per la tutela del lavoro autonomo non imprenditoriale e misure volte a favorire l’articolazione flessibile nei tempi e nei luoghi del lavoro subordinato . Il disegno di legge del governo presta attenzione a quel “lavoro agile” che le nuove tecnologie richiedono.

L’esame parlamentare potrà consentire di approfondire tutti i profili del cambiamento dall’orario di lavoro alla smaterializzazione del luogo fisico alla retribuzione a risultato e il modo con cui agevolare trasformazioni veloci e imprevedibili, che risulta difficile fissare e tipizzare. Solo i contratti individuali o gli specifici termini della committenza nel quadro di adeguate garanzie per il lavoratore e la lavoratrice appaiono idonei ad adattare le regole del lavoro per prestatori d’opera tanto subordinati quanto autonomi. L’importante è che questi contratti o si collochino nel quadro di accordi aziendali o siano assistiti dalla certificazione o riguardino alte professionalità. L’agilità insomma non è solo lavoro a distanza con le opportunità di conciliazioni che ne conseguono e dunque per le donne e i lavoratori anziani segnalati dal rapporto ESDE ma anche in ogni lavoro nel momento in cui le tecnologie digitali cambiano gli assetti della produzione di beni come di servizi.

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