Il decreto del Consiglio dei ministri approvato ieri prevede la riforma delle Banche di credito cooperativo che dovranno andare a formare gruppi che abbiano “come minimo 1 miliardo di patrimonio – ha spiegato Renzi -. Ragionevolmente ci sarà un gruppo che costituirà un grande ombrello di salvataggio e di coesione per tutte le Bcc che decideranno di stare dentro. Il modello delle Bcc rimane ma devono stare dentro un sistema che avrà maggiore forza e solidità”.
LA SPIEGAZIONE DI RENZI
La riforma delle Bcc prevede «un meccanismo» per il quale chi vorrà uscire dal sistema potrà farlo ma «a condizione che abbia almeno 200 milioni di riserve, non è che la piccola banchetta può andarsene via. E dovrà corrispondere all’erario una cifra del 20% di queste riserve». Tempo per decidere, 18 mesi.
LE PAROLE DI PADOAN
Le Bcc che attualmente hanno riserve per 200 milioni «sono una decina più o meno. Non significa che tutte devono uscire, ma hanno la possibilità di farlo» o trasformarsi in Spa. E’ quello che ha detto il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan al termine del Consiglio dei ministri di ieri, sottolineando che in ogni caso «ci sono 18 mesi dall’approvazione della misura» per fare la scelta,«un tempo sufficiente per aumentare la soglia, non si congela nulla ad oggi».
IL SEGNO DELLA RIFORMA
Parole di Renzi e Padoan che, tradotte in italiano, significano riforma incostituzionale (di diritto e di fatto) per salvare la “poltrona” di coloro che hanno male amministrato le proprie BCC (vedasi le banche di coloro che sono ai vertici nazionali da oltre 30 anni, già sanzionate da Bankitalia, e degli altri amministratori delle federazioni regionali, organismi per i quali nulla si dice circa la loro sorte a seguito della riforma). Soprattutto significa che le inefficienze e le carenze di governance del credito cooperativo, non solo non saranno eliminate, ma saranno addirittura accentuate grazie al collaudato sistema clientelare e della attribuzione di poltrone.
LE INCOGNITE
Qualora il Parlamento, in sede di conversione, non abbassasse il limite minimo di 1 miliardi per la holding, difficilmente riusciranno a costituirsi più gruppi, così come poche saranno le BCC che avranno la possibilità di raggiungere i 200 milioni di riserve nei 18 mesi previsti qualora questo limite non fosse ridotto in sede di conversione.
GLI EFFETTI
In definitiva, le BCC che sino ad ora hanno correttamente operato in base al principio della sana e prudente gestione che non possiedono 200 milioni di riserve e che non intendono farsi dirigere da coloro che hanno male amministrato le proprie banche, oltre al ricorso per incostituzionalità, avranno 18 mesi di tempo per aggregarsi e raggiungere i 200 milioni di riserve e corrispondere un’imposta del 20% su queste riserve per poter usufruire della facoltà di non partecipare al gruppo unico.
LA PROVOCATORIA ALTERNATIVA
Un’alternativa, ovviamente provocatoria, potrebbe essere la seguente. Considerato che viviamo in un Paese in cui l’impunità sembra essere costantemente premiata per legge, nei 18 mesi a disposizione, le BCC virtuose potrebbero depauperare il patrimonio faticosamente accumulato impiegando (ossia prestando) nel territorio soprattutto a coloro che non avrebbero alcun merito creditizio (magari salvando anche qualche azienda già in default) così da trovarsi allineate con le altre BCC in difficoltà al momento della costituzione della holding.
GLI SCENARI E GLI AUSPICI
A parte gli scherzi, si potrebbe percorrere anche un’altra strada, ma è presto per parlarne: il decreto, come hanno lasciato intendere Renzi e Padoan, potrebbe essere sostanzialmente modificato in Parlamento.
RIVOLTA IN FIERI?
Credo che il governo, così come non si è reso conto dei problemi provocati con il famoso decreto salva banche, non abbia la percezione della rivolta che si produrrà nei territori nel momento in cui si avrà la percezione che un altra parte del sistema bancario locale rischia di essere perduta, specie in quelle provincie già provate dalle vicende della 4 banche.