Serve all’Italia un piano per sostenere la creazione di una industria 4.0 – ad altro valore aggiunto e fortemente innovativa – per cui è necessario agire su quattro pilastri di competitività: finanza per lo sviluppo, ricerca e innovazione, acceleratori dello sviluppo, governance.
Sono queste le richieste al Governo di Matteo Renzi del Presidente dei Giovani Imprenditori di Confindustria Marco Gay ospite dell’Istat in settimana per la presentazione del Rapporto sulla competitività dei settori produttivi.
Gay ha ribadito che la sfida futura dell’Italia è quella di dotarsi di una visione di politica industriale per aiutare lo sviluppo di settori ad alta competitività e proteggere quelli momentaneamente in crisi ma strategici per l’impatto di filiera o di territorio.
A fare eco a Gay le prime dichiarazioni rilasciate da Elio Catania, eletto da pochi giorni presidente di Confindustria Digitale, incontrando i Saggi che stanno verificando chi dei candidati (in rigoroso ordine alfabetico Vincenzo Boccia, Marco Bonometti, Aurelio Regina e Alberto Vacchi) raccolga più consensi. Catania si augura che il nuovo presidente di Confindustria “faccia della trasformazione competitiva digitale dell’economia il cuore della sua politica”.
Che, tradotti in azioni concrete, significano:
1. ridurre il gap digitale che ha un costo di 3,6 mld in termini di competitività7e che limita tutti quei mercati fortemente dipendenti dall’ICT come le tecnologie abilitanti, la robotica, le scienze della vita, le biotecnologie e la green economy;
2. implementare l’approvvigionamento energetico, da diversificare e ridurre nel costo, invece le trivellazioni sono state bloccate dagli ennesimi ricorsi su cui si è aperto un referendum;
3. modernizzare le infrastrutture carenti – oggi l’alta velocità si ferma a Salerno! – con un costo di mancata modernizzazione di 30 mld l’anno, il cui adeguamento ai livelli europei potrebbe generare un incremento del PIL del 12% in 10 anni con una maggiore occupazione di 2,8 milioni di unità;
4. risolvere le lentezze legate alla governance, dalla giustizia all’aggravio burocratico, e il problema della distrazione di risorse a causa dell’illegalità: dalla corruzione all’economia criminale i miliardi sottratti ammontano a 260;
5. potenziare la finanza per lo sviluppo: oggi abbiamo un Paese in letargo, con 2mila miliardi di debito e ben 4mila miliardi di risparmi11. Un Paese, cioè, che spende ma non investe, che non finanzia nuove opere e nuove imprese ma solo spesa corrente.