Stimo il filosofo Corrado Ocone e leggo sempre con interesse i suoi articoli. Questa volta, però, non mi ha convinto. Anzitutto, dove sta quel “pensiero unico progressista sulle unioni gay”, come recita il suo articolo pubblicato oggi su Formiche.net? Il dibattito in Senato, come le divisioni interne al Pd, sono la plastica testimonianza che sul ddl Cirinnà esiste un cafarnao di opinioni nel quale è spesso difficile orientarsi. Ma non è questo il punto. Ciò che più mi ha colpito è la critica aspra da lui rivolta a quanti hanno accusato il cardinal Bagnasco di “ingerenza, che concretamente non significa nulla in uno stato democratico e maturo”.
Può darsi che Ocone abbia ragione a lamentarsi di questo cattivo laicismo (mi domando però cosa accadrebbe se Matteo Renzi, tanto per fare un esempio, invocasse maggiore democrazia nel governo della Chiesa e più trasparenza nelle decisioni del Concistoro). Infatti, nelle società liberali nessuna maggioranza può imporre una misura che costringa a seguire una condotta uniforme quando possono coesistere condotte diverse (che non ledono la libertà altrui). Quando il clero rivendica la possibilità di eprimersi in pubblico, rivendica un suo diritto. Quando chiede che le persone (non solo i fedeli) pratichino i suoi divieti, fa il suo mestiere. Lo fa anche quando chiede ai legislatori credenti di emanare leggi ispirate alla religione. Non fanno invece il loro mestiere i legislatori che danno retta supinamente al clero. Almeno in uno Stato liberale, in cui non si negozia quando condotte differenti sono compatibili. In campo economico, si può negoziare la ripartizione tra profitto e salario. In un condominio, si può negoziare l’uso degli spazi comuni. Ma se qualcuno mi entra in casa e mi dice che non posso fare l’amore con il profilattico, per quale motivo dovrei negoziare?
Contrariamente a quanto sembra pensare il presidente della Conferenza episcopale italiana, lo spazio pubblico (ivi compreso il Parlamento) è un terreno neutro, nel quale i cittadini “confrontano le proprie opinioni e le scelte di regolamentazione delle forme di convivenza, nel rispetto dei vincoli posti dalle strutture liberali del paese” (Carlo Augusto Viano, “Laici in ginocchio”, Laterza, 2008). Era già accaduto con il cardinal Ruini durante la campagna referendaria sulla procreazione assistita, accade oggi con la discussione a Palazzo Madama sulle unioni civili: cosa c’entra dare indicazioni minute di strategia elettorale o di tattica parlamentare con la difesa dei valori della vita e della famiglia? Lo ammetto: sono un liberale d’antan, ancora affezionato alla separazione della sfera politica da quella religiosa.