Decine di milioni di dichiarazioni dei redditi ogni anno. Miliardi di dati bancari relativi ai conti di tutti i cittadini italiani. Tutte le operazioni rilevanti ai fini Iva (spesometro). Una valanga di dati sanitari. Miliardi di fatture elettroniche relative a tutti i rapporti delle imprese con la pubblica amministrazione e, a breve, anche dei rapporti tra imprese e i loro clienti.
L’anagrafe tributaria sta diventando un divoratore di dati sensibili sempre più ingordo, invasivo, esigente. Non è mai sazia. Infatti si prepara a ingoiare un altro boccone succulento, il country by country reporting, cioè l’elenco di tutte le transazioni infragruppo che avvengono tra le imprese con sedi in paesi diversi. Milioni di transazioni ogni giorno. Da tutto il mondo. Una grande abbuffata.
Peccato che questo sforzo enorme, sostenuto dai contribuenti e dai loro consulenti, che forniscono i dati nel formato richiesto e nei tempi dovuti, produca ben pochi risultati. La pubblica amministrazione ha più di 130 banche dati, ma queste non riescono a dialogare tra di loro. «Le singole banche dati esterne, infatti, spesso per ragioni proprie», si legge in un documento dell’Agenzia delle entrate di qualche mese fa, «presentano imperfezioni, disallineamenti, lacune e incompletezze che inevitabilmente rischiano di riversarsi nella banca dati dell’anagrafe tributaria nella quale affluiscono dati di bassa qualità, poco veritieri, scarsamente aggiornati e, quindi, non completamente affidabili per quantificazioni e valutazioni rilevanti sotto il profilo fiscale».
Mancano regole standard anche solo per registrare nomi e cognomi o ragioni sociali. Ciascun archivio registra gli indirizzi in modo diverso e questo rende spesso impossibile incrociare i dati. Figuriamoci cosa succederà quando arriveranno dati dalle imprese multinazionali relativi ai transfer pricing o ai prodotti finanziari derivati, redatti secondo logiche e schemi mentali diversi da paese a paese.
Da molti anni sono stati varati progetti per consentire la condivisione delle informazioni. Ma sembra di essere sempre all’anno zero. È come se un esercito scendesse in guerra con una quantità esagerata di munizioni, ma di calibro diverso rispetto alle armi di cui dispone.
(Articolo del quotidiano Italia Oggi pubblicato su Formiche.net grazie all’autorizzazione del gruppo Class Editori)