L’assemblea degli azionisti di Tod’s del 13 gennaio 2016 ha approvato l’aumento di capitale che consente all’emittente di assicurarsi la proprietà del marchio Roger Vivier. Un’assemblea importante perché agli azionisti è stata presentata una delibera di “whitewash”, una best practice di origini anglosassoni che mira a fornire una forte tutela delle minoranze quando una società pone in essere operazioni con parti correlate che potrebbe determinare un detrimento a sfavore proprio delle minoranze. Il primo vero e proprio caso in cui l’azionista di riferimento ha volontariamente lasciato alle minoranze, per la grande maggioranza fondi internazionali e domestici, la decisione su un’operazione importante per lo sviluppo della società.
L’assemblea quasi unanimemente ha decretato che l’operazione era nell’interesse di tutti gli azionisti e, soprattutto, anche delle minoranze stesse. Il 99,74% dei voti sono stati a favore, nessun voto contrario, pochi astenuti: un vero e proprio plauso generale degli investitori istituzionali internazionali. La comunità finanziaria internazionale ha dato un chiaro segnale apprezzando l’adozione di best practice di corporate governance, dimostrando che il percorso di rinnovamento avviato dalle società italiane procede nella direzione giusta creando un allineamento con le piazze finanziarie più sofisticate. Cerchiamo ora di rispondere a due domande che sorgono spontanee sul tema.
COS’È IN REALTÀ IL WHITEWASH?
Si tratta di una procedura prevista dal regolamento Consob in materia di operazioni con parti correlate che, al fine di garantire una tutela agli azionisti di minoranza, consente a questi e solo a loro, in determinate circostanze, di decidere l’approvazione dell’operazione.
La scelta di Tod’s è particolarmente innovativa. Pur non ricorrendo le circostanze – il management e tutti i consiglieri hanno approvato all’unanimità l’operazione e il parere del comitato parti correlate composto da soli indipendenti ha dato parere favorevole – il Consiglio di Amministrazione ha ritenuto, su base volontaria, di adottare la procedura su una delibera di aumento di capitale, connessa con l’operazione, al fine di consentire agli azionisti di minoranza di esprimere un voto decisivo.
Una delibera straordinaria di modifica dello statuto, un quorum qualificato (2/3) necessario e la maggioranza dei voti degli azionisti non correlati (le minoranze): tutto questo si è verificato senza alcun intoppo e il consiglio ha ricevuto dall’assemblea, le minoranze, un pieno via libera all’operazione presentata.
In conclusione, tenendo conto dei vincoli normativi e la pratica attuazione della procedura, non si può che plaudire alla scelta adottata dall’azionista di riferimento, la famiglia Della Valle, di rimettere le proprie decisioni, prese nell’interesse della società e degli azionisti, nelle mani dei soci di minoranza che hanno apprezzato e approvato la scelta strategica del management.
NUOVI SCENARI?
Sicuramente una rondine non fa primavera, ed essendo il primo caso Italiano è difficile capire se nel medio/lungo periodo altre società, per operazioni così rilevanti, riproporranno su base volontaria un’operazione analoga di whitewash, al fine di ottenere un supporto su scelte decisive che rientrano nella materie delle parti correlate.
Quello che però si può affermare con certezza è che gli investitori di lungo periodo, i grandi fondi pensione americani, gli asset manager come BlackRock, SSgA o Vanguard hanno partecipato in massa sostenendo l’operazione del management di Tod’s e la procedura scelta. Un segnale forte al management, che qualifica sempre più questi investitori come un vero “compagno di viaggio”, senza pregiudizi iniziali e che ha solo bisogno di essere rassicurato sul razionale delle scelte che vengono prese dal management. La recente assemblea di Tod’s ne è una prova evidente.
La vicenda Tod’s rientra in una serie di avvenimenti positivi del nostro mercato, dall’adozione della lista del management di Prysmian o il passaggio al monistico di Intesa Sanpaolo. Le scelte di governance adottate da blue chips quali Intesa, ENI, ENEL, Generali, MPS, Terna, Saipem, Finmeccanica o UniCredit denotano il progredire della voglia di essere “benchmark”. Anche il risiko delle popolari sarà un’opportunità, per banche come BPM, UBI, Banco Popolare, BPER, Creval, BP Sondrio, Veneto Banca e Pop. Vicenza, di avviare un ripensamento positivo della governance utile a rinsaldare la fiducia nel sistema bancario italiano. Tutte le altre quotate del FTSE MIB, non potranno che seguire questa strada a dimostrazione di un vero e proprio cambiamento epocale nel sistema economico-finanziario italiano a cui tutti aspirano.