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Vi spiego perché il Movimento di Grillo e Casaleggio non è troppo populista

Il Movimento 5 Stelle non è un movimento populistico. Nulla di più errato. Il populismo è un movimento di massa antioligarchico generalmente scaturito da stati de-vertebrati e da società in rapidissima modernizzazione (su cui Gino Germani scrisse pagine indimenticabili e proprio per ciò di questi tempi non lette e rilette). Movimento che trova un leader che scaturisce o da una ricca famiglia dotata di mezzi propri così da consentirgli relativa autonomia da finanziatori esterni, oppure dalle élite militari che consentono l’ ascesa sociale ai deracines che poi si autonomizzano. Generalmente il populismo crea o ricostruisce una possente organizzazione di rappresentanza delle masse di tipo sindacale che trasforma la modernizzazione in inclusione, ne crea di proprie, questo va sottolineato, spesso distruggendo, se esistevano, quelle pre-esistenti. IL varghismo brasiliano di Getullio Varga (drammatico e indimenticabile personaggio shakespeariano) e il peronismo argentino (da Juan Domingo Peron avventuriero che trasformò ogni farsa in tragedia) sono i fenomeni tipici del populismo e rimangono archetipi ideal-tipici weberiani di eccezionale purezza. E tutti caratterizzati da fortissimi legami tra il capo o i capi e le masse con un rapporto diretto e mitologico, ben descritto prima da Gustav Le Bon e poi con più finezza José Ortega y Gasset.

Certamente sono esistiti altri movimenti che stabiliscono rapporti diretti tra il capo o gruppi di capi , ch’io definii anni or sono nel mio Souther Europe since 1946, Portugal ,Spain, Italy, Greece and Turkey since 1945, “capi caciquisti”, riprendendo l definizione data da Jaquin Costa nelle prime analisi su questi fenomeni che non a caso hanno origini iberiche o sud americane. Anche i movimenti bonapartisti e/o cesaristi si fondano su un rapporto diretto tra capo e masse, ma non in casi di mobilitazione modernizzante, quanto piuttosto in casi di scontri sociali di massa che danno vita a esiti caratterizzati dalla paralisi istituzionale e sociale tipica dell’equilibri instabile ma duraturo dei rapporti nella stratificazione sociale a cui abbiamo assistito in momenti topici della storia mondiale. Fenomeni grandiosi e terribili da cui è scaturita la modernità europea e che sono descritte con la forza dei classici da Il 18 Brumaio di Luigi Bonaparte di Karl Marx, che è forse il libro più attuale e chiarificatore e che oggi tutti dovrebbero leggere.

Il capo o i capi neo-caciquisti disperdono le tensioni creando mitologie e movimenti tipici della guerra di posizione, fenomeno che ovunque si verifichi conduce alla paralisi delle decisioni, al degrado civile, alla stagnazione morale, alla decadenza sociale, perché è accompagnato di norma dall’assenza del ricorso alle urne, quali che siano i regimi elettorali. Il principio di maggioranza è escluso, sostituito da quello certo sempre esistente nelle poliarchie – ossia quello del potere situazionale di fatto dei grandi interessi economici- ma che in questi casi diviene l’ unico esistente e non si combina più con l’agone della lotta parlamentare ed è spesso accompagnato dalla sudditanza della nazione nei confronti di poteri esterni, in una logica tipica della spartizione geopolitica, logica che in Italia, nazione a tradizione di governo eterno in forma più o meno mediata, è molto presente oggi che i partiti tradizionali di massa rank and file sono scomparsi sostituiti dai partiti personali che Mauro Calise ha descritto con classica evidenza.

È in questa temperie e contro di essa che è nato il Movimento 5 Stelle. Un altro modello di rapporto diretto con le masse è quello dei leader che vedono raccolti attorno a sé manipoli di fedeli e che nel contempo dipendono da potenze esterne alla nazione in cui esercitano il loro potere sulle masse. La storia offre diverse specie di tale intreccio tra nazionale e internazionale nell’esercizio del potere sia in momenti drammatici (Benito Mussolini a Salò, Fulgencio Battista a Cuba, Abraham Quisling Vidkun in Norvegia, Ngo Dinh Diem nel Vietnam del Sud durante gli anni della lotta tra Vietnam del nord e USA) sia in momenti più tradizionali della lotta politica internazionale con i molteplici movimenti, partiti, gruppi, finanziati da potenze straniere per esercitare influenza diretta e indiretta sulle sorti politiche di un paese che tali potenze considerano strategiche nel contesto economico e diplomatico internazionale. L’Italia, basta leggere Machiavelli per cominciare e Rosario Romeo per continuare, è stato il paese per eccellenza di tale fenomenologia del potere, che è certo più interessante che mai dal punto di vista della ricerca della verità del e sul potere. Lodovico Festa e il sottoscritto hanno cercato in anni recenti d’inaugurare (merito di Festa) e insieme di proseguire sulle orme dei grandi questo filone di studi, ma molte resistenze di ogni tipo vi si oppongono.

Ma mi si chiederà: non doveva, professore, parlare del Movimento 5 stelle? L’ ho fatto per contrasto e per designarne il tratto distintivo che è rivelatore della temperie storica in cui ci troviamo a vivere: il passaggio dalla tragedia alla farsa. I protagonisti della lotta politica che si dipana in Italia con la fine della guerra civile europea, con il crollo dell’URSS e la perdita di lucidità del dominio USA sul mondo e sull’Europa in particolare, maldestramente e a tratti sostituito da quello del Regno Unito e per la strategicità italiana nel Mediterraneo da un preoccupato Israele, sono tutt’affatto diversi tanto dai partiti di massa tradizionali, tanto dai partiti personali studiati da Mauro Calise.

Tra di essi, per originalità e novità, spicca il Movimento 5 Stelle. Ma esso non ha nulla di integralmente simile ai movimenti che ho qui brevemente e succintamente stilizzato con una silhouette politologica che spero non sia da sarto dozzinale. Tuttavia, ed è per questo che mi sono esercitato disegnando le scene precedenti, esso può, anzi deve essere definito per contrasto con tali movimenti perchè di tutti possiede almeno un elemento che amalgama nel suo fare politico. Nel caso del suddetto movimento, infatti, troviamo tutti gli elementi -mescolati e composti senz’ordine- delle forme politiche di partecipazione e di organizzazione che abbiamo esaminato. Il principio del comando verticale a cui si aggrovigliano i fedeli è evidente tramite le figure di Casaleggio (la personalità più importante intellettualmente e internazionalmente) e di Grillo.

Il livore che esprime la disperazione di massa in cui sono sprofondati parti della stratificazione sociale dell’Italia si manifesta con la protesta di piazza contro una oligarchia non economica, ma soprattutto politica a cui via affiancare polemicamente oligarchie a vasto spettro di influenza, sfruttandone le cadute di legittimazione, come le banche in primis.

Si sono formati – per via dell’affabulazione esperta di Grillo – universi significativi di grande contenuto mitologico come la lotta alla corruzione endemica in Italia, unita al familismo crescente sia proprietario sia manageriale a cui i poteri situazionali di fatto danno patologicamente vita. Confusi sono i margini di autonomia nazionale del movimento che disvela a un’analisi attenta della sua storia, legami potentissimi con potenze esterne che danno al movimento risorse di ogni tipo, organizzative in primo luogo. Lo stesso Financial Times recentemente ha consacrato il Movimento 5 stelle a candidato possibili al governo del paese con una sorta di avveduta predisposizione di un successore politico a un PD troppo dilaniato da conflitti interni e ancora troppo debole nei confronti del dominio teutonico in Europa. Movimento cesaristico ma non bonapartista, esso, il Movimento, ha trovato nel web, nell’on line e in una sorta di consultazione diretta dei fedeli più dotati di capacità aggregativa, il fattore di sostituzione dell’antica militanza di massa reinventandone una nuova.

Certo si tratta di uno strumento di democrazia diretta non classica, non analogica, ma digitale, in cui la partecipazione è una scelta che vale di per sé sola e solo per coloro che la esercitano ed è esercitandola e solo esercitandola che acquistano diritti decisionali indipendentemente dai piccoli o grandi numeri che la caratterizzano.

Questo, del resto, è il profilo tipico della partecipazione digitale che fonda se stessa insieme alle sue regole perché non pensa di esercitare né un potere sovrano né un potere deliberante definitivo, ma sempre esposto all’ alea del caso che in questo sistema è incarnato dalle oscillazione e dalla diversità tra partecipazione digitale e partecipazione politica classicamente intesa.

La partecipazione digitale diretta, nel caso del Movimento 5 Stelle, è un formidabile strumento di aggregazione assai diverso da quello tipico della sovranità inscritta nei sacri testi ruffiniani del principio di maggioranza. Ciò che conta è il volere del leader, il volere della maggioranza dei fruitori della cosiddetta rete quali che essi siano e quanti essi siano; il tutto nella continua elaborazione di slogan efficaci per la mobilitazione delle masse sospese tra voto, logica parlamentare, amministrazione locale e mondo infinito del web. Un fenomeno assolutamente nuovo e irriducibile a tutti gli altri sino a ora apparsi a livello mondiale nel campo delle macchine delle forme della politica.

(Articolo uscito sull’ultimo numero della rivista Formiche)


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