Scalata sulla vetta del Monte. Si intitola così un report di Mediobanca Securities a firma di Andrea Filtri, Riccardo Rovere e Antonio Guglielmi pubblicato il 25 febbraio. Un documento in cui si analizzano i vari possibili destini di Mps. Partendo da un assunto basilare e cioè che sia il mercato che la Bce chiedono a gran voce un partner per la banca senese.
CI VUOLE UN CAVALIERE BIANCO
“Le azioni di Mps – si legge nel report – hanno perso il 60% da inizio anno, e ora trattano a 0,15 volte il tangible equity 2016. Il sell-off è iniziato dopo che le banche italiane hanno confermato il ricevimento di un questionario sulla sofferenze da parte della BCE, che in concomitanza con l’entrata in vigore del bail-in, ha spaventato gli investitori interessati a redditività di lungo termine”.
Ciò si è riflettuto sulle valutazioni degli strumenti emessi da Mps, con i Cds a un anno che si sono allargati a 715 punti base, crescendo di 504 punti da inizio anno e con gli spread del debito subordinato in forte allargamento. “Diverse banche hanno negato l’interesse nel considerare l’acquisizione di Mps – si legge nel report – con questa nota sottolineiamo l’importanza del badwill (avviamento negativo) in qualsiasi scenario di M&A alle attuali valutazioni”. Il badwill può infatti compensare le svalutazioni necessarie per migliorare la qualità degli attivi in seno alla banca e rendere la transazione un affare migliore per i potenziali acquirenti.
IL MACIGNO SOFFERENZE
“Non è una novità – proseguono gli analisti – Mps detiene i peggiori indici di qualità dell’attivo in Italia con il rapporto dei crediti deteriorati netti al 22%, il coverage ratio al 49% e il Texas ratio (che misura la probabilità di fallimento) al 275%, contro medie ex-Mps rispettivamente al 10%, 45%, 106%. Mps è stata profondamente esaminata, superando gli Aqr e adeguandosi alla Srep. Eppure, i mercati scontano un’ulteriore pulizia materiale della qualità dell’attivo necessaria dopo la riclassificazione degli Npl e l’aumento dei rapporti di copertura. Ogni acquirente potrebbe considerare questa variabile mettendola in relazione al potenziale avviamento negativo che vale 7 miliardi di euro (dopo la svalutazione degli intangibili e gli oneri di ristrutturazione)”.
PIL E RIFORME IN SOCCORSO?
Secondo Mediobanca ci sono però anche dei fattori positivi: il primo e più rilevante per una ristrutturazione della qualità degli attivi è il Pil italiano in ripresa: +0,6% nel 2015; da +1,3 a +1,5% nel 2016. Il secondo sono le riforme per accelerare le dimissioni degli Npl. Fattori che invertiranno il trend degli Npl an che se ad oggi non si osservano miglioramenti. In generale a novembre 2015 gli Npl in pancia alle banche italiane segnavano un rialzo anno su anno dell’11%.
LE POSSIBILI FUSIONI CON MPS
Mps detiene una quota di mercato del 7% in Italia. La combinazione con Bnp (capogruppo di Bnl), Ubi, Unicredit e Intesa – i potenziali cavalieri bianchi della banca senese – si tradurrebbe in un soggetto con una quota di mercato tra il 10% e il 21%: un campione nazionale simile a quelli dell’Ue. Solo la fusione con Unicredit e Intesa potrebbe far sorgere problemi relativi all’eccessiva concentrazione di quote di mercato (21% in entrambi i casi) con conseguenti dismissioni che, in ogni caso, non rappresentano un deterrente a un eventuale matrimonio in quanto “questa è la strada indicata dal regolatore – si legge nel report – Inoltre la crescita in dimensione e in complessità non sarebbe sufficiente – scrivono gli analisti di Mediobanca – a far scattare requisiti patrimoniali più elevati per il nuovo soggetto”.
SALVATAGGIO NECESSARIO
Il mercato crede che Mps abbia bisogno di un salvataggio: l’Italia non ne ha avuti, ma la Spagna sì, con un risparmio del 38% rispetto ai costi del target. “Dato il forte taglio dei costi in Mps negli anni passati – si legge sul report Mediobanca – ci aspettiamo un taglio conservativo del 26%. Un taglio che si traduce in 270 filiali chiuse e 3.800 dipendenti in meno, oltre il piano di ristrutturazione in corso, con oneri pari a 1,5 vole i risparmi sui costi. Diamo per scontato il riallineamento alla media dei costi di finanziamento di Mps post-pulizia e che si ottengano 0,4 miliardi di euro in profitti netti dal taglio dei costi”.
BADWILL VS NPL
“La nostra analisi di sensibilità – conclude Mediobanca – mostra il ruolo centrale del riconoscimento dell’avviamento negativo e della pulizia degli asset nel valutare l’affare per i potenziali acquirenti. In effetti, se il badwill viene riconosciuto al 100% può assorbire 10 miliardi di euro derivante dalla pulizia degli asset. Invece, la fusione è quasi neutra dal punto di vista del capitale se viene riconosciuto il 100% di e con 2,5 miliardi di svalutazioni derivanti dalla pulizia. L’ultima parola spetta alla Bce”.
NUOVI CAMPIONI NAZIONALI
Mps è un’opzione interessante per tutti gli aggregatoti nazionali, secondo le conclusioni di Mediobanca. “Con una spinta del 10% sugli eps e una deviazione limitata dal profilo patrimoniale, Bnp avrebbe la massa critica mancante per il franchising Bnl – spiegano gli analisti – Intesa aumenterebbe l’eps del 20% facendo leva sulla sua solidità patrimoniale, senza perdere il suo status in termini di dividendi e capitale. Unicredit manterrebbe gli attuali rapporti CeT1 con un incremento del 18% sull’eps. Ubi si trasformerebbe in una campione nazionale, ma materialmente aumenterebbe il profilo di rischio; il badwill è più vitale qui per far funzionare l’affare”. E in ogni ipotesi la massa di Npl di Mps diventerebbe gestibile. Insomma, i giochi sono aperti, resta da capire chi farà le regole.