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Papa Francesco, il Messico e i migranti

La messa al confine di questa notte di Francesco a Ciudad Juarez, al confine tra Messico e Usa, è una sfida a tutti i muri. Ma la benedizione delle scarpe dei migranti morti mentre cercano di raggiungere l’eldorado degli USA è anche un riconoscimento della necessità di emigrare per avere un futuro migliore, e allo stesso tempo la riproposizione del diritto di rimanere a casa propria per un oggi di dignità. Il candidato repubblicano Donald Trump, che nei giorni scorsi aveva criticato il Papa, probabilmente si sarà rassegnato. Francesco non è un politico, ma é inevitabile che le sue azioni abbiano riflessi politici.

ULTIMA GIORNATA IN MESSICO DEDICATA A PRODOTTI DELLO “SCARTO”

Durante la messa, il Papa ha utilizzato il pastorale in legno donatogli poco prima dai detenuti del carcere di Cereso 3, da lui visitato nel pomeriggio, e ai quali ha ricordato che “celebrare il Giubileo della misericordia con voi è ricordare il cammino urgente che dobbiamo intraprendere per spezzare i circoli viziosi della violenza e della delinquenza. Già abbiamo perso diversi decenni pensando e credendo che tutto si risolve isolando, separando, incarcerando, togliendosi i problemi di torno, credendo che questi mezzi risolvano veramente i problemi”. Francesco, dunque, in questa ultima giornata del suo viaggio in Messico si è voluto dedicare a due tipici “prodotti” della cultura dello scarto: immigrati e carcerati.

CIUDAD PASSAGGIO DECISIVO MA SERVE CONVERSIONE

Francesco ha detto che Ciudad è un “passaggio, un cammino carico di terribili ingiustizie: schiavizzati, sequestrati, soggetti ad estorsione, molti nostri fratelli sono oggetto di commercio del transito umano”. Ma tutti questi orrori possono essere fermati solo se ci sarà una vera conversione, un impegno più forte di tutti, dalla classe politica, a quella imprenditoriale, ma soprattutto alla Chiesa locale, che deve essere più in uscita, non chiusa nei palazzi, meno imbellettata, altrimenti non ci potrà essere nessuna rinascita del Paese.

TROPPI CARNE DA MACELLO

Per il Papa in troppi sono carne da macello: migranti, donne, ragazzi implicati nel narcotraffico, lavoratori che prestano la loro opera nelle tante fabbriche messicane. Lo sfruttamento di operai nella zona di confine è cosa abbastanza frequente, anche perché la zona ad esenzione fiscale spinge a massimizzare i profitti. Questo lo ha detto anche agli imprenditori che ha visto nell’incontro sempre a Ciudad Juarez subito dopo la visita ai detenuti. Nell’omelia il Papa non ha citato i 27 mila desaparcidos, ma quel passaggio sui giovani “carne da macello” è riferito anche a loro. Insomma, i mali del Messico sono tanti eppure il pontefice ha trovato un paese che vuole e sa reagire.

LA RELIGIOSITÀ POPOLARE DEL MESSICO È UN ESEMPIO

Francesco torna a Roma, convinto di aver trovato una religiosità forte, che ha nel culto della Madonna un suo caposaldo. Un esempio per tanti popoli europei, oramai sempre più vittime del sincretismo, che hanno perso il senso del sacro. Una visita che ha ritemprato lo spirito di Francesco, sempre più convito che l’evangelizzazione passi prima di tutto per il contatto diretto con la gente.

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