La finanza può guadagnare sia se le cose vanno bene, sia se vanno male. Il sistema dei pagamenti è per le banche una mucca da mungere comunque vadano le cose e il “trading” (la compravendita di titoli) è la fonte a cui si abbeverano. La nuova modellistica basata su “big data” (un numero elevato di statistiche sui temi più svariati) trattati con strumenti che simulano i comportamenti del cervello umano (qualcosa vicina all’intelligenza artificiale) consente alle banche e alle società finanziarie di continuare a guadagnare anche se la clientela perde.
Chi perde veramente alla grande è l’economia reale, che riceve meno credito, e il risparmio personale, che si depaupera. La crisi in atto si abbatte quindi su piccoli imprenditori e risparmiatori, con conseguenze sociali più gravi di quelle strettamente economiche. Il mercato del credito, coltura indispensabile per gli investimenti e la produzione, e il mercato del risparmio, fertilizzante dell’intrapresa produttiva e linfa vitale per l’occupazione e il welfare, sono entrati in crisi a seguito di una politica interna ed europea che solo un atto di generosità può indurre a definirla affetta da miopia.
Con una sequenza di scelte errate, si sono devastati i valori degli immobili per raccogliere un po’ più dell’1% di PIL di maggiori tasse, causando una perdita stimata dei valori di mercato tra i 2 e 3 mila mld di euro; nel contempo i Governi hanno diretto la loro brama fiscale verso le attività finanziarie, tassando ricavi e valori dei titoli. Contrariamente ai valori degli immobili, quelli dei titoli hanno trovato nella Banca Centrale Europea il sostegno con la politica detta del “Quantitative Easing” (abbondante creazione di moneta); essa è stata sperimentata favorevolmente dalla Federal Reserve americana, ma non ha prodotto lo stesso risultato in Europa per i vincoli posti alla sua attuazione: nessun finanziamento diretto all’edilizia e allo Stato, come invece hanno fatto gli Stati Uniti, ma solo acquisti di titoli di Stato già in circolazione e concessione di finanziamenti alle banche, che non intendono canalizzarli alla produzione per timore dei rischi di accrescere le già pesanti sofferenze.
Non si sa che fare della moneta abbondante a tassi dell’interesse nulli e, anche per la concomitante crisi nelle principali borse valori del mondo, si è diffusa la paura che le quotazioni dei titoli siano eccessive, avviando una corsa alla vendite, cominciando dalle azioni delle banche, certamente le più esposte alla crisi. Come se non bastasse, vengono continuamente rilasciate dichiarazioni sulla necessità di tagliare anche le pensioni in essere, oltre quelle in corso di maturazione operando sui tempi e sui modi di concessione, ed è stato varato il provvedimento per la soluzione delle banche in crisi, detto del bail-in; quest’ultimo provvedimento è stato la ciliegina posta in cima a quella che si diceva essere una torta, la nascita del mercato europeo unico bancario e del fondo di garanzia dei depositi, mentre era una frittata.
Con scelta improvvida si è deciso di infliggere una perdita di dimensione piccola sul totale dei risparmi in essere, ma enorme per i singoli che l’hanno patita, rifiutandosi di rimborsare le obbligazioni subordinate della Banca Etruria già in circolazione, inducendo i cittadini a credere che il risparmio non sia più protetto e le pensioni non siano più sicure, creando un clima di sfiducia nel futuro dell’economia e della politica del Paese e dell’Unione Europea. L’eurobarometro ha ultimamente registrato in Italia il minimo di consenso da parte dei cittadini. Tutto ciò à accaduto proprio mentre gli italiani si stavano convincendo che la ripresa fosse in atto, nonostante si stesse vendendo la pelle dell’orso prima d’averlo catturato. Ricomporre l’uovo dopo aver fatto la frittata è compito impossibile; si potrebbe tentare di procurarsi nuove uova costituendo una Commissione per decidere come proteggere il risparmio e rilanciare il credito, composto da persone non coinvolte nel disastro e sostituendo tutte quelle che lo hanno direttamente e indirettamente causato, esaltando in modo acritico la bontà degli assetti istituzionali europei e interni.
Continuare a sperare che le continue dichiarazioni sul buon stato di salute delle banche e sulle buone prospettive dell’economia possano raggiungere lo scopo di invertire le aspettative negative dei mercati finanziari equivale a nutrire illusioni. Occorrono urgenti gesti concreti che indichino un’inversione dell’impostazione politica anche in materia di risparmi.
(Articolo pubblicato sul quotidiano l’Unione Sarda)