Uno Stato che richiede ai suoi cittadini onesti un carico fiscale equivalente a sei sette mesi di lavoro gratis per le pubbliche finanze sino a quando potrà essere sopportato?
Soddisfatti i membri della casta e in discreta percentuale quelli dei “diversamente tutelati”, spetta al terzo stato produttivo l’onere della tenuta del sistema, mentre il quarto non Stato sguazza nelle inefficienze, mancanze di controlli e nelle connivenze con parti “sensibili” della casta e continua a fare gli affari sporchi suoi.
Sul carattere degli italiani hanno scritto pagine memorabili Guicciardini ( “Se tu fiderai nelli italiani, sempre aurai delusione”) e Leopardi (v. “Discorso sopra lo stato presente dei costumi degl’Italiani” per non parlare del compianto Ennio Flaiano “gli italiani sono sempre pronti a salire sul carro del vincitore”. Anche il Duce non scherzava quando sosteneva, come già Giovanni Giolitti che: “governare gli italiani non è impossibile, è inutile”. Il più caustico Giuseppe Prezzolini, che così scriveva: “ In Italia il furbo è sempre in un posto che si è meritato non per le sue capacità, ma per la sua abilità a fingere di averle”. E ancora: “L’italiano è un popolo che si fa guidare da imbecilli i quali hanno fama di essere machiavellici, riuscendo così ad aggiungere al danno la beffa, ossia l’insuccesso alla disistima, per il loro paese. Da molti anni il programma degli uomini che fanno la politica estera sembra riassumersi in questo: mani vuote, ma sporche”.
Esiste, tuttavia, un limite alla capacità di sopportazione di un popolo che pure è rappresentato con queste non commendevoli qualificazioni; un limite che è dato dalla sua capacità di tenuta sul piano concreto economico e finanziario.
Se spetta soprattutto al terzo stato produttivo il maggior onere per il sostegno di un’organizzazione statale vecchia e arrugginita, con costi progressivamente elevati ed efficienza ed efficacia pressoché nulle, considerato che questo stesso terzo stato è rimasto da tempo privo di qualsivoglia rappresentanza politica, vessato oltre ogni limite ragionevole da uno Stato onnivoro, esso finirà con il rifugiarsi o nella sperimentata e in molti casi necessitata evasione o in quella che ho già denominato “la rivolta fiscale passiva”.
Intendo per rivolta fiscale passiva quella che può accadere, e con molta probabilità accadrà come scrivevo in una nota del 2 dicembre scorso: “se il terzo stato produttivo non ce la fa più a produrre ricchezza per mantenere gli altri tre stati (casta, diversamente tutelati e quarto Non stato, nelle loro diversificate sottoclassi) nella migliore delle ipotesi avremo una rivoluzione fiscale passiva per incapacità di far fronte agli obblighi fiscali insostenibili, nella peggiore una rivolta sociale cruenta”.
Matteo Renzi e Padoan continuano a predicare tranquilli e sereni che tutto va bene, mentre, in realtà, se il governo non dovesse intervenire tempestivamente per tagliare la spesa pubblica, le clausole di salvaguardia previste dall’ultima Legge di stabilità scatterebbero, portando in dote un aumento di tasse superiore a 54 miliardi di euro. E’ quanto si rileva da un’analisi del Centro studi di Unimpresa.
Ciò che con fatica sembra non emerge a livello politico istituzionale, temo che potrà derivare dalle concrete condizioni di insostenibilità economica e finanziarie dei ceti medi produttivi e delle classi popolari ridotte alla miseria.