“Tradimenti” è una storia di solitudini, di egoismi, di ipocrisie e di incomunicabilità. Michele Placido dirige egregiamente la tragicommedia scritta dal Premio Nobel per la Letteratura, Harold Pinter, nel 1978, prendendo spunto da un fatto autobiografico, una sua relazione extraconiugale con una presentatrice tv.
Il ruolo della protagonista, Emma, una manager di una galleria d’arte, donna irrequieta e infelice del proprio matrimonio, è affidato ad Ambra Angiolini. Francesco Biscione, è Robert, marito di Emma, editore scaltro e arrivista, attento solo a sé stesso e alle sue ambizioni. Fra Emma e Robert si inserisce Jerry, l’attore Francesco Scianna, agente letterario bohémien e amico storico di Robert al punto da essere stato addirittura il suo testimone di nozze. Anche Jerry è sposato, ha due bambini e una moglie dedita esclusivamente al lavoro e ai figli.
I tre attori sono bravissimi nel sostenere i non facili personaggi ricoperti e tengono lo spettatore con gli occhi inchiodati sul palco con un sentimento misto di angoscia e speranza.
Dalla sostanziale solitudine di Emma e Jerry nasce la relazione fra i due, un triangolo amoroso raccontato a ritroso, dal 1977 al 1968, fra la vita a Londra nell’appartamento segreto preso in affitto per fare l’amore, i viaggi a New York di Jerry e quello a Venezia di Emma e Robert, la nascita dei figli, le soddisfazioni e le delusioni professionali.
La scenografia essenziale composta prevalentemente da due grandi pannelli-specchi sullo sfondo, una porta ed un tavolo, simboleggia chiaramente il vuoto affettivo e sentimentale dei personaggi. Il tradimento non è terapeutico e non riesce a risolvere l’infelicità di Emma e di Jerry, perché tradire l’altro significa anche, e soprattutto, tradire sé stessi, raccontandosi una falsa verità.