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Monte dei Paschi di Siena, Carige, Ubi. Cosa fare contro le sofferenze

Il sistema bancario in Italia oggi ha una grande massa di prestiti deteriorati che si è accumulata a causa della lunga e profonda recessione. Le sofferenze sono salite a 143 miliardi a fine 2015 (18,3% dei prestiti alle imprese), da 25 miliardi a fine 2008 (2,9%). Ciò ha reso gli istituti particolarmente prudenti e sta frenando l’erogazione di nuovo credito. In Italia la massa di crediti deteriorati (sofferenze, incagli, scaduti, ristrutturati) è pari al 20,9% del totale dei prestiti per i primi 8 istituti italiani (pari a 250 miliardi di euro), contro il 6,0% per le maggiori 21 banche europee.

LE CAUSE DEL BOOM

La maggior presenza di partite deteriorate nei bilanci bancari in Italia, però, non è dovuta a una peggiore gestione delle banche negli affidamenti, ma è spiegata dalla doppia e profonda recessione, che ha fatto cadere il PIL di oltre il 9%, la produzione industriale di più del 25%, l’attività nelle costruzioni di quasi il 50%. Queste terribili condizioni macroeconomiche hanno reso inevitabilmente fallaci molte valutazioni del merito di credito effettuate prima della crisi e soprattutto prima della recessione del 2011-2014. E va riconosciuto al sistema bancario italiano, nel suo insieme, di aver saputo reggere l’urto di condizioni macroeconomiche così difficili; non altrettanto, probabilmente, sarebbe accaduto in altri paesi.

LE MOSSE DEGLI ISTITUTI

Le maggiori banche italiane hanno disposto, nel corso degli anni, accantonamenti ai fondi rischi per un totale di 115 miliardi. Tali fondi coprono il 46,0% dei crediti deteriorati presenti nei loro bilanci, più di quanto accada per le maggiori banche europee (44,8%). In rapporto allo stock di crediti, gli accantonamenti sono pari al 9,6% in Italia e al 2,7% in Europa. Va, inoltre, sottolineato che le banche italiane erogano credito tradizionalmente a fronte di elevate garanzie collaterali, tanto che per i primi 8 istituti italiani il tasso di copertura sale di 40 punti includendo tali garanzie, cioè all’87,6% dei crediti deteriorati. Non sono disponibili dati di confronto con le banche europee.

LO SCENARIO

Le banche contano di recuperare una quota più o meno grande dei crediti deteriorati, anche attraverso l’escussione delle garanzie. Su questo incideranno fattori macro (andamento dell’economia) e micro (procedure concorsuali, efficienza nel recupero crediti). A giugno 2015 il Governo ha varato misure per la velocizzazione delle procedure fallimentari, oltre che la deducibilità fiscale in un anno delle perdite su crediti; a febbraio ha introdotto nuove misure fiscali per facilitare il recupero dei crediti. Va anche ricordato che l’ammontare di capitale delle banche è in Italia in linea con i valori europei, in rapporto al totale dei prestiti: 10,6% per i maggiori istituti, 11,3% in Europa. Tuttavia, la mole dei prestiti deteriorati frena il credito e, quindi, la crescita economica del Paese. Questo rende essenziali interventi di sistema per alleggerire i bilanci degli istituti da tale fardello e, di conseguenza, favorire la ripartenza del credito e sostenere il recupero dell’economia italiana. Interventi su più livelli: creazione di più società veicolo in cui trasferire le sofferenze, diluizione delle eventuali perdite in più esercizi, accelerazione dei tempi di escussione delle garanzie. Le società veicolo consentirebbero di creare un ponte temporale tra il prezzo di mercato dei crediti deteriorati (che oggi è depresso a causa del loro elevato ammontare che ne aumenta l’offerta) e il loro fair value. Le nuove regole europee (in particolare quelle sugli aiuti di Stato) ostacolano alcune di queste misure.

 

LA MAPPA DEGLI AIUTI

Molti altri paesi europei, invece, hanno già sostenuto con risorse pubbliche le loro banche negli anni recenti, tra il 2008 e il 2013. L’Italia finora, tra i principali paesi della UE, è quello che ha destinato il minore ammontare di risorse al sostegno delle banche: 8 miliardi di immissione di capitale, contro 73 della Spagna, 56 della Germania, 49 dell’Irlanda e 28 della Francia. In rapporto al PIL, 0,5% in Italia, contro 1,4% in Francia, 2,2% in Germania e 6,6% in Spagna. Analoghe considerazioni valgono per gli interventi di garanzia: 119 miliardi in Italia (dati a fine 2013), a fronte dei 382 della Germania e 141 della Francia. Tra il 2011 e il 2012, nel pieno della crisi dei debiti sovrani, l’Italia affrontava notevoli difficoltà sui mercati internazionali, in particolare con un’impennata dei rendimenti dei titoli pubblici, che non hanno consentito in quel momento al Paese di intervenire sulle sofferenze con le stesse risorse messe in campo dagli altri paesi.

 

COME FUNZIONA LA GACS

A inizio 2016, con le nuove regole europee in vigore che non consentono più quel tipo di interventi, il MEF ha varato un meccanismo per la concessione di garanzie dello Stato, a titolo oneroso, per favorire operazioni di cartolarizzazione di crediti bancari in sofferenza (GACS). Si tratta di un intervento nella giusta direzione, ma non risolutivo per la questione delle sofferenze. Lo Stato garantisce solo la tranche senior delle cartolarizzazioni, quella più sicura, che sopporta per ultima le eventuali perdite, non le tranche più rischiose (junior e mezzanine) 5 . Inoltre, lo Stato rilascerà la garanzia solo se i titoli avranno ottenuto, da un’agenzia riconosciuta dalla BCE, un rating almeno pari all’investment grade, cioè non inferiore a BBB, non distante da quello dello Stato italiano che oscilla tra BBB- e BBB+. Questi due paletti limitano significativamente l’ammontare di sofferenze che può avvalersi delle garanzie. Le garanzie possono essere richieste dalle banche che cartolarizzano i crediti in sofferenza, a fronte del pagamento di una commissione allo Stato, espressa in percentuale dell’ammontare garantito.

 

LA QUESTIONE DEL PREZZO

Il prezzo della garanzia era il punto critico, su cui il MEF ha dovuto raggiungere un accordo con la Commissione UE: sarà un prezzo di mercato, in modo che la garanzia non venga considerata un aiuto di Stato. Il prezzo sarà calcolato prendendo come riferimento quelli dei Credit Default Swap degli emittenti italiani con un livello di rischio paragonabile a quello dei titoli garantiti. Il prezzo sarà crescente nel tempo, sia per tenere conto dei maggiori rischi connessi a una maggiore durata dei titoli, sia per introdurre un incentivo a recuperare velocemente i crediti. Questo meccanismo di mercato rappresenta un passo avanti, perché si mette a disposizione del sistema un nuovo strumento. Tuttavia, le garanzie non sembrano in grado di incidere rapidamente sullo smaltimento dei crediti deteriorati presenti nei bilanci delle banche. Il meccanismo, infatti, non migliora in modo decisivo le attuali condizioni di mercato per le banche e per i potenziali investitori. Potrà facilitare, gradualmente, lo smobilizzo di quelle sofferenze per le quali la distanza iniziale tra prezzo di domanda e di offerta sia inferiore. Ma per ridurre a livelli fisiologici lo stock attuale di crediti deteriorati occorreranno diversi anni. La via maestra per abbassare la montagna delle sofferenze resta la crescita economica, che però viene frenata proprio dai nodi del credito.

 


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