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Bpm-Banco Popolare, ecco le tappe della fusione

GIUSEPPE CASTAGNA BPM PIER FRANCESCO SAVIOTTI BANCO POPOLARE

Oggi sarà il giorno della verità per Bpm -Banco Popolare, la prima grande aggregazione bancaria in Italia dopo il 2007. Ieri, contestualmente alla riunione del consiglio di gestione della Milano, la Bce avrebbe messo nero su bianco un primo via libera di massima all’operazione chiedendo però ulteriori limature.

LE VOCI DALLA BCE

A guardare il bicchiere mezzo pieno, si direbbe che le distanze tra le due banche e Francoforte si sono notevolmente accorciate rispetto a una settimana fa. «Stiamo lavorando molto duramente con i colleghi italiani perché i requisiti siano adeguati, non più del necessario, ma neanche meno. Sono piuttosto fiduciosa sul fatto che le richieste siano state capito», ha tagliato corto ieri il presidente del supervisory board della Bce, Daniele Nouy, in un’audizione all’Europarlamento. Tutto ciò grazie al lavoro dei vertici e degli advisor (Citi e Lazard per Bpm, Mediobanca, Bofa Merrill Lynch e Colombo & Associati per il Banco), impegnati ormai in una trattativa non stop con la squadra di Nouy. L’architettura generale dell’operazione, del resto, sarebbe ormai definitiva, a partire dal capital plan da 1 miliardo di euro messo in campo dal Banco Popolare.

LE MISURE IN CANTIERE

Il pacchetto di misure dovrebbe essere varato oggi dal board del gruppo veronese e, come anticipato ieri da MF-Milano Finanza, consterebbe di cessioni di asset (si starebbe ragionando sulla banca depositaria, ma anche su alcune partecipate come Popolare Vita e Avipop Assicurazioni, e non si esclude un ripensamento su Aletti Gestielle), dismissione di portafogli di crediti deteriorati per un nominale di 600-700 milioni e, per l’appunto, un aumento di capitale che gli analisti stimano intorno a 500 milioni. Se fonti finanziarie definiscono ormai «un punto fermo» questa architettura, resta da capire quale sarà la modalità tecnica della ricapitalizzazione. Secondo ipotesi circolate negli ultimi giorni, l’operazione potrebbe essere riservata ad alcuni investitori istituzionali, come le fondazioni Cariverona e Carilucca da tempo interessate a incrementare la propria quota nel gruppo. L’ente scaligero presieduto da Alessandro Mazzucco, del resto, è da tempo disponibile a investire e gli ultimi dati di bilancio disponibili certificano liquidità per circa 240 milioni (che potrebbe anche essere cresciuta nel corso del 2015). Per sciogliere i dubbi sul piano di Verona bisognerà quindi attendere il pomeriggio di oggi.

IL CALENDARIO

Quanto alla tempistica, alcune misure potrebbero essere realizzate prima dell’integrazione con la Bpm, permettendo così al nuovo gruppo di raggiungere un livello di capitale in linea con i target senza ricorrere al mercato. L’amministratore delegato di Piazza Meda, Giuseppe Castagna, ha escluso più volte un aumento di capitale, mostrandosi in questo perfettamente allineato con i soci dell’istituto. Proprio ieri il banchiere avrebbe aggiornato il consiglio di gestione sullo stato della trattativa, arrivata ormai alle battute finali. Questa mattina si riunirà invece il consiglio di sorveglianza, l’organo espressione degli stakeholder di Piazza Meda, mentre la gestione tornerà a riunirsi nel pomeriggio.

I FORCING

Le diverse anime della banca sono del resto consapevoli dell’imminenza della fusione e, malgrado qualche mal di pancia, non dovrebbero opporre resistenza al progetto messo in campo. Non solo perché in tal senso si è espresso con grande chiarezza il governo, ma anche perché i sindacati nazionali del credito non sembrano intenzionati a contrapporsi all’operazione. Tanto più che, dopo la nota del Tesoro di venerdì 18, anche la solida alternativa industriale messa sul tavolo da Andrea Bonomi è sfumata, benché l’interesse del numero di Investindustrial per Bpm potrebbe non essere tramontato in maniera definitiva. Da qui alla trasformazione in spa e alla contestuale fusione infatti, suggerisce qualcuno, la banca potrebbe guardare con favore alla nascita di uno zoccolo duro di azionisti che, nel contesto della nuova governance, rappresenti l’anima milanese del gruppo.

I NOMI

Per ora, comunque, si tratta di ipotesi allo stato embrionale, mentre è certo nei prossimi giorni sindacati, dipendenti e pensionati si metteranno al lavoro sulla lista unitaria per l’assemblea del 30 aprile. La scadenza per la presentazione è fissata nel 5 aprile, ma probabilmente i nominativi saranno individuati già entro la metà della prossima settimana. I favoriti per la presidenza del consiglio di sorveglianza sono gli attuali vice presidenti Marcello Priori e Mauro Paoloni, ma non si esclude la possibilità di un candidatura esterna di elevato standing alla quale si potrebbe lavorare nel fine settimana.

(Pubblicato su MF/Milano Finanza, quotidiano diretto da Pierluigi Magnaschi)


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